Wed, 26 Nov 2025 09:38:17 GMT
Salute
Influenza aviaria: cos'è , quali sintomi e come si cura

AGI - L'influenza aviaria torna a preoccupare l'Europa e l'Italia. Nell'ultimo mese una serie di focolai sono stati identificati tra Friuli Venezia Giulia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Lombardia. E nelle scorse ore, Hong Kong ha emesso un divieto immediato all'importazione di carne di pollame, prodotti avicoli e uova dal nostro Paese, oltre che da Portogallo, Polonia, Italia, Belgio, Irlanda e Regno Unito. Ma c'è davvero da allarmarsi? Come si cura? Ecco tutte le domande e le risposte dell'Istituto Superiore di Sanità . 

Che cos'è l'influenza aviaria?

L'influenza aviaria è un'infezione provocata da virus influenzali di tipo A, che può colpire diverse specie aviarie, sia domestiche che selvatiche.
Oltre agli uccelli selvatici, che fungono da serbatoio del virus, quali altre specie animali possono essere contagiate? E attraverso quali modalità ?
Gli uccelli domestici, in particolare alcune specie di interesse zootecnico, quali polli, tacchini, anatre, quaglie, etc, risultano tra i volatili più frequentemente colpiti. Inoltre l'influenza aviaria può infettare sporadicamente varie specie di mammiferi tra cui suini, equini, balene, foche, tigri e l'uomo. Il virus si replica nel tratto respiratorio e in quello intestinale e viene eliminato attraverso le secrezioni respiratorie e le feci. L'infezione si trasmette attraverso il contatto con questi materiali, la loro inalazione o anche con acqua contaminata dalle feci degli animali infetti.

Come si manifesta l'influenza aviaria negli animali?

Il quadro clinico varia in relazione alla specie animale colpita e al sottotipo virale responsabile dell'infezione. Negli uccelli selvatici l'infezione è di solito asintomatica. Negli uccelli domestici, i sottotipi virali H5 ed H7 nelle forme ad alta patogenicità (HP) possono causare epidemie (epizoozie) devastanti ad elevata mortalità .

Come può infettarsi l'uomo?

Il passaggio all'uomo di virus influenzali aviari è un evento raro e difficilmente seguito da efficiente trasmissione interumana (solo un caso probabile finora). Tutti gli episodi di contagio umano finora segnalati, si riferiscono a soggetti che avevano avuto contatti diretti e stretti con animali infetti, in ambienti con elevata concentrazione dell'agente infettivo.

Quali sono i sintomi di questa influenza nell'uomo?

L'infezione da virus influenzale H5N1 provoca nell'uomo un quadro clinico variabile, da una lieve sindrome simil-influenzale a patologie più gravi, quali difficoltà respiratorie, polmoniti, con complicanze anche mortali. La mortalità nei casi gravi è elevata (attorno all'80%). Le infezioni da virus H7 sono in genere associate a infezioni oculari (congiuntivite).

Esistono farmaci e terapie efficaci?

I farmaci antivirali più efficaci per il trattamento e la prevenzione dell'influenza aviaria nell'uomo appartengono alla classe dei cosiddetti "inibitori della neuraminidasi": zanamivir e oseltamivir, ambedue registrati in Italia, anche se poco commercializzati. Questi farmaci sono stati utilmente impiegati nel prevenire l'infezione in operatori professionalmente esposti al rischio di infezione nell'episodio di influenza aviaria verificatosi nei Paesi Bassi nel 2003 e causati dal virus del sottotipo H7; essi risultano anche efficaci nei confronti dei virus del sottotipo H5.

Altri farmaci attivi nei confronti di virus influenzali appartenenti al tipo A, sono i cosiddetti "inibitori della M2": amantadina e rimantadina. Di questi solo la prima è commercializzata in Italia. E' stato visto che i virus H5N1, causa dei recenti episodi di infezione umana nel Vietnam e in altri Paesi del Sud Est Asiatico, risultano resistenti a questa classe di farmaci antivirali. Nel complesso, i farmaci antivirali sono un utile presidio terapeutico ma non possono costituire né l'unico né il fondamentale elemento di contrasto di una pandemia influenzale.

A che punto è la ricerca di un vaccino contro il virus dell'influenza aviaria?

Attualmente, i WHO collaborative Centres and reference Laboratories, hanno sviluppato diversi ceppi vaccinali prototipi H5N1, mediante la tecnologia della reverse genetics. Questi ceppi sono conformi ai requisiti di varie agenzie preposte al rilascio di prodotti farmaceutici per la produzione di vaccini antinfluenzali. Alcune di essi sono già stati messi in produzione da alcune ditte vaccinogene.

Quali precauzioni occorre adottare nel consumo di carni avicole e di uova?

Non esistono ad oggi evidenze epidemiologiche o di laboratorio che possano dimostrare la trasmissione dell'infezione attraverso consumo alimentare di carni avicole e di uova. Il virus aviario è sensibile all'azione del calore (almeno 70°C) e viene completamente distrutto durante le procedure di cottura degli alimenti.

Quali le precauzioni da prendere se si vuole fare un viaggio in un Paese asiatico?

Al momento attuale non vi sono restrizioni per l'effettuazione di viaggi. Qualora ci si rechi nei Paesi interessati, si raccomanda di evitare le zone rurali e i mercati dove vengono commercializzati animali vivi, di evitare il contatto con animali e di rispettare le norme di igiene personale, in particolare il lavaggio frequente delle mani con acqua e sapone.

Quanto è concreta la possibilità di una pandemia di influenza aviaria?

I virus influenzali aviari, per le loro caratteristiche antigeniche, patogenetiche, tropismo tissutale e specificità d'ospite, sono scarsamente capaci di replicarsi nell'uomo. Tuttavia, eventuali episodi di contemporanea infezione da parte di virus aviari e umani potrebbero dare origine a ibridi virali (riassortimento genetico) in grado di diffondersi nella popolazione in maniera efficiente e stabile, dando origine a gravi pandemie influenzali. La maggiore frequenza di infezioni umane da virus aviari negli ultimi anni, come pure la maggiore diversificazione d'ospite di tali virus, costituiscono elementi che fanno pensare ad una maggiore possibilità di una pandemia di influenza .

Quali condizioni devono verificarsi per una pandemia di influenza aviaria? Queste condizioni si sono già verificate?

Sono tre le condizioni che devono verificarsi per la pandemia. La prima è che emerga un sottotipo di virus influenzale contro il quale la popolazione mondiale abbia poca o nessun livello di immunità protettiva. La seconda è che questo nuovo ceppo sia capace di replicarsi attivamente nell'uomo. La terza è che questo virus si trasmetta efficientemente da uomo ad uomo. Le prime due condizioni si sono già verificate, anche se solo in alcuni Paesi del Sud-Est asiatico con il virus H5N1. La terza, verosimilmente la più difficile, non si è ancora verificata, e richiede una serie di complessi riassorbimenti genetici fra il virus influenzale aviario e quello umano.

Molti temono una pandemia influenzale simile alla famosa "spagnola" del 1918. E' un timore fondato?

Il contesto in cui oggi può verificarsi una pandemia è radicalmente diverso da allora. Oggi siamo in possesso di efficaci armi di controllo e monitoraggio, in una situazione di cooperazione internazionale che, come dimostrato nel caso della SARS, può portare alla rapida identificazione del virus e all'approntamento di tutto quanto è necessario per arrestare la diffusione della malattia. Per quanto virulento e trasmissibile possa essere un ipotetico nuovo virus, non è pensabile che esso possa provocare le "stragi" della spagnola (circa 50 milioni di morti complessive, con un quarto-un terzo dell'intera popolazione affetta in alcuni Paesi) per i seguenti motivi: all'epoca della spagnola, non si sapeva nemmeno che esistessero i virus influenzali e non si poteva fare rapida diagnosi seguita almeno da isolamento e quarantena; non esistevano vaccini e sostanze antivirali disponibili; i sistemi sanitari erano inefficienti e poco sviluppati; non esistevano antibiotici per cui molti ammalati di influenza in realtà morivano di complicanze respiratorie batteriche; era tempo di guerra mondiale e non esisteva un'Organizzazione Internazionale che potesse coordinare le operazioni di controllo della pandemia a livello mondiale. Ovviamente una pandemia di influenza aviaria che si verificasse ora avrebbe elevati costi sanitari, sociali ed in termini di mortalità dovuti soprattutto al fatto che non sarà immediatamente disponibile un vaccino.
 

 



Wed, 26 Nov 2025 03:10:00 GMT
Salute
L'intelligenza artificiale applicata ai pazienti con tumore al fegato

AGI - Importante riconoscimento internazionale per il Policlinico "Paolo Giaccone" di Palermo, questa volta nel campo dell'intelligenza artificiale applicata alla medicinaCiro Celsa, ricercatore della unità operativa complessa di Gastroenterologia ed Epatologia dell'Azienda ospedaliera universitaria, ha ricevuto un Merit Award durante l'ultimo congresso Esmo (European Society for Medical Oncology) su intelligenza artificiale e oncologia digitale, uno degli eventi più prestigiosi al mondo nel campo dell'oncologia medica.

Lo studio 

Il premio, assegnato ai lavori scientifici più  innovativi e promettenti, celebra uno studio pionieristico che dimostra come l'intelligenza artificiale possa trasformare la gestione dei pazienti affetti da epatocarcinoma, il tumore primitivo del fegato più comune.

"Questo riconoscimento internazionale conferma la validità della nostra visione strategica - sottolinea Calogero Cammà , direttore dell'Unità operativa di Gastroenterologia ed Epatologia e responsabile della Cabina di Regia per l'Intelligenza Artificiale dell'Università di Palermo - stiamo investendo con convinzione sull'AI applicata a diversi ambiti sanitari, dalla diagnostica alla gestione clinica, dalla ricerca alla formazione. Il nostro obiettivo è fare dell'Università di Palermo un punto di riferimento nazionale e internazionale in questo settore strategico".

Il riconoscimento Esmo si aggiunge a un altro importante successo recente: il Dottor Celsa ha infatti ottenuto un finanziamento Eurostart per sviluppare progetti innovativi di intelligenza artificiale multimodale applicata ai tumori del fegato, confermando ulteriormente la capacità della ricerca palermitana di competere ai massimi livelli europei sia in termini di eccellenza scientifica che di capacità di attrarre fondi competitivi internazionali.

"L'intelligenza artificiale non sostituirà mai il giudizio clinico del medico - precisa Celsa - ma può diventare un alleato prezioso per gestire la crescente complessità della medicina moderna, aiutandoci a prendere decisioni più informate e a dedicare più tempo e attenzione ai pazienti che ne hanno maggiormente bisogno".

La direttrice generale del Policlinico Maria Grazia Furnari afferma: "Questi successi sono motivo di grande orgoglio e confermano la vocazione dell` Aoup e dell` Università di Palermo all'eccellenza nella ricerca, nell'innovazione e nell` assistenza. In un momento storico in cui l'intelligenza artificiale sta trasformando ogni settore della società , il fatto che l` Azienda ospedaliera universitaria competa ai massimi livelli internazionali in un campo così strategico è un segnale importante delle potenzialità  e delle eccellenze che il nostro territorio può esprimere quando si incontrano investimenticompetenze e visione strategica. Questo premio comprova la vocazione e la fama internazionale in campo epatologico del Policlinico di Palermo, in coerenza con la presenza al suo interno di una “liver unit” in forte espansione” .

L'Ia per supportare il processo decisionale terapeutico 

Celsa e il suo team hanno sviluppato un sistema basato su Large Language Models (Llm) – la stessa tecnologia alla base dei più moderni sistemi di intelligenza artificiale – in grado di analizzare la documentazione clinica dei pazienti e supportare i medici nel processo decisionale terapeutico. Il sistema sviluppato dall'é quipe palermitana, testato su quasi 500 valutazioni cliniche di oltre 400 pazienti, ha dimostrato un'accuratezza straordinaria nel predire le decisioni terapeutiche e nell'identificare i pazienti che necessitano realmente di una discussione collegiale. Questo strumento potrebbe rappresentare un supporto prezioso per ottimizzare l'organizzazione delle risorse sanitarie, garantendo che i casi più complessi ricevano l'attenzione multidisciplinare necessaria, senza sovraccaricare il sistema con discussioni non necessarie.

Collaborazione internazionale 

Il progetto ha visto una collaborazione internazionale con l'Università di Yale, una delle istituzioni accademiche più prestigiose al mondo. L'é quipe palermitana sta già lavorando all'espansione e al perfezionamento del sistema, con l'obiettivo di estenderne l'applicazione ad altri ambiti della gastroenterologia ed epatologia e di validarlo in studi multicentrici internazionali.



Tue, 25 Nov 2025 10:45:56 GMT
Salute
Una settimana di detox dai social riduce ansia e insonnia

AGI - Ridurre in modo mirato l'uso dei social media per una sola settimana può essere associato a un calo misurabile dei sintomi di ansia, depressione e insonnia nei giovani adulti. È quanto emerge da uno studio di coorte pubblicato su JAMA Network Open e guidato da Elombe Calvert, che ha coinvolto 373 partecipanti di età compresa tra 18 e 24 anni negli Stati Uniti. La ricerca combina monitoraggio digitale passivo tramite smartphone, questionari standardizzati e una social media detox volontaria su cinque piattaforme, offrendo una delle analisi più strutturate finora disponibili sul legame tra uso dei social e salute mentale in questa fascia di età . Il protocollo prevedeva due settimane di osservazione iniziale, durante le quali i partecipanti hanno autorizzato la raccolta di dati oggettivi da sensori del telefono e hanno compilato valutazioni quotidiane sul proprio stato emotivo e di funzionamento. Al termine di questa fase, 295 persone, pari a circa il 79 per cento del campione, hanno scelto di aderire a una settimana di riduzione dell'uso di Facebook, Instagram, Snapchat, TikTok e X, mantenendo in parallelo il monitoraggio digitale e i questionari clinici.

L'adesione e la scelta di partecipare alla detox non hanno mostrato differenze sostanziali in termini di caratteristiche demografiche o livelli di sintomi di partenza rispetto a chi ha scelto di non partecipare. I risultati indicano che la detox è stata associata a un calo medio del 16,1 per cento dei punteggi di ansia, del 24,8 per cento di quelli di depressione e del 14,5 per cento di quelli di insonnia, misurati con scale cliniche validate come il GAD 7, il PHQ 9 e l'Insomnia Severity Index. In media, i giovani partivano da livelli sintomatologici classificati come minimi o lievi, ma la riduzione durante la settimana di astensione è stata statisticamente robusta. Invece, i punteggi di solitudine non hanno mostrato variazioni significative, suggerendo che una breve pausa dai social non modifica necessariamente la percezione di isolamento sociale nel breve periodo.

Metodologia e risultati chiave

Lo studio ha confrontato anche misure oggettive di utilizzo dei social media con indicatori soggettivi di uso problematico, trovando che la qualità dell'engagement e l'uso compulsivo sono più strettamente legati alla sintomatologia rispetto al solo numero di minuti trascorsi sulle piattaforme. I ricercatori hanno utilizzato la digital phenotyping, una metodologia che combina dati di mobilità , uso dello schermo, pattern di comunicazione e autovalutazioni in tempo reale, per descrivere in modo dettagliato il comportamento digitale durante il periodo di osservazione e la settimana di detox. Durante la settimana di riduzione dell'uso dei social, il tempo di schermo dedicato alle cinque piattaforme è diminuito in modo marcato.

Benefici e cambiamenti comportamentali

Gli altri cambiamenti comportamentali osservati sono stati modesti. Sono emersi soltanto aumenti limitati del tempo trascorso a casa e della durata complessiva di utilizzo dello schermo, con un'ampia variabilità individuale. Non sono state rilevate variazioni sostanziali in altri parametri di mobilità o nelle misure ecologiche di umore giornaliero. Questo indica che il beneficio sui sintomi potrebbe non dipendere da cambiamenti macroscopici di stile di vita facilmente osservabili, ma da una riduzione mirata dell'esposizione e dell'interazione con i social. Gli autori sottolineano che il lavoro non dimostra una relazione causale definitiva e che la durata dei benefici osservati resta da definire.

Limiti dello studio e implicazioni future

Il campione è composto prevalentemente da studenti universitari con livelli sintomatologici medi bassi, e ciò limita la generalizzabilità dei risultati a popolazioni cliniche o a contesti socioeconomici diversi. Inoltre, il fatto che la partecipazione alla detox fosse volontaria può aver selezionato persone già motivate a modificare il proprio comportamento digitale. Nonostante questi limiti, gli autori osservano che la combinazione di dati oggettivi di utilizzo, misure di uso problematico e valutazioni standardizzate di salute mentale rappresenta un avanzamento metodologico rispetto agli studi basati soltanto su autovalutazioni di tempo di schermo. Il lavoro suggerisce che interventi brevi, strutturati e facilmente implementabili, come una settimana di riduzione guidata dei social media, potrebbero diventare strumenti complementari nelle strategie di promozione della salute mentale per giovani adulti, in particolare nei contesti universitari e nei servizi di base.



Tue, 25 Nov 2025 00:14:00 GMT
Salute
In Italia aumentano i working poor, quelli che lavorano ma non hanno una vita dignitosa

AGI - In Italia, la povertà ha cambiato volto. Non riguarda più solo chi è senza lavoro, ma anche chi un impiego ce l'ha: sono i cosiddetti "working poor", lavoratori che, pur avendo un reddito, non riescono a condurre una vita dignitosa. Secondo i dati Eurostat 2024, in Italia oltre 1 lavoratore su 10 è a rischio povertà : un dato in aumento rispetto al 2023 e superiore alla media europea, che colloca il Paese all'ottavo posto tra quelli più colpiti dal fenomeno. A confermare la tendenza anche l'Osservatorio di Antoniano sulla povertà in Italia: nel 2025, le persone con un'occupazione che si sono rivolte alla rete di Operazione Pane sono aumentate del 4% rispetto al 2024. Nata nel 2014 per sostenere le mense e le realtà francescane in Italia e nel mondo, Operazione Pane è oggi una rete solidale capace di offrire aiuto concreto e di raccontare, attraverso un'analisi interna, l'evoluzione della povertà nel Paese. Con la diffusione dei dati 2025, Antoniano rinnova il proprio impegno nel dare voce a chi vive in condizioni di fragilità e nel promuovere una riflessione collettiva su un tema che colpisce capillarmente in tutto il Paese. 

Lungo lo Stivale, la povertà ha oggi il volto di chi lavora ma non riesce a vivere con dignità , di chi ha una casa ma non un reddito stabile. Secondo i dati 2025 dell'Osservatorio sulla povertà in Italia di Antoniano: tra i 6.696 singoli assistiti da Operazione Pane, 765 rientrano tra i "working poor", segno di un sistema in cui il lavoro non è più garanzia di sicurezza.

Il primato spetta al Veneto (39% del totale nazionale), dove il numero di persone occupate che si rivolgono alla rete di mense francescane è aumentato del 58% rispetto al 2024.In questo scenario, si assiste a un ulteriore cambiamento: se nel 2024 oltre il 50% delle persone che si rivolgevano a Operazione Pane era senza dimora, nel 2025 questa quota è scesa al 25%. La povertà , dunque, non coincide più necessariamente con l'assenza di una casa, ma con la mancanza di stabilità . Nel complesso, Antoniano registra un aumento del 14% di persone che hanno chiesto aiuto rispetto al 2024, con un incremento della presenza di giovani tra i 18 e i 30 anni (+1%) e di over 60 (+8%). Elevata anche la percentuale di cittadini italiani, che rappresentano il 20%.

In difficoltà i nuclei numerosi

Nel 2025, mentre il fenomeno dei "working poor" racconta la nuova fragilità individuale, si registra anche un cambiamento importante nel quadro delle famiglie. Grazie a nuove misure di sostegno locale, diminuiscono i nuclei familiari che si rivolgono a Operazione Pane (-12%), ma quelli che chiedono aiuto oggi sono più numerosi: in media, si registrano 4 componenti (contro i 3 dello scorso anno) e 3 figli (contro i 2 del 2024) per famiglia. Cresce inoltre del 7% il numero delle famiglie italiane. In questo contesto, la situazione è particolarmente complessa in Campania: la regione concentra il 29% dei nuclei familiari assistiti a livello nazionale (il valore più alto in assoluto) e la maggiore incidenza di famiglie monogenitoriali (37%) e di minori coinvolti (17%). Ancora più rilevante è il dato sulle famiglie italiane: il 43% del totale nazionale vive proprio in Campania.

Più pasti nelle mense francescane

In un contesto economico sempre più fragile, il sostegno alimentare offerto dalle mense francescane continua a rappresentare un punto di riferimento per chi vive una situazione di difficoltà . Nel 2025, la rete di Operazione Pane ha garantito in media 2.170 pasti al giorno (+7% rispetto all'anno precedente), un aumento che si riflette anche sul lungo periodo: tra il 2023 e il 2025 il numero di pasti mensili distribuiti ha registrato un incremento complessivo del 36%.

"Non dobbiamo mai dimenticare che dietro ogni numero c'è una persona", commenta Fra Giampaolo Cavalli, direttore dell'Antoniano. "La povertà oggi ci sfida a superare i pregiudizi e ad avvicinarci a chi vive in situazioni di povertà con una nuova consapevolezza. Il nostro impegno, sostenuto da migliaia di donatori e volontari, non si limita a offrire un pasto o un aiuto materiale. Il nostro obiettivo è ricostruire relazioni, offrire spazi di comunità per ridare speranza a chi l'ha persa. I dati ci mostrano una strada complicata, ma ogni pasto servito, ogni famiglia supportata e ogni persona incontrata sono la prova che un futuro insieme è possibile. Operazione Pane è una piccola, concreta risposta al bisogno di tanti, ma sono convinto che è solamente il contributo di ciascuno a fare la differenza e a rendere possibile un'esistenza più giusta per tutti, perché  ogni uomo e ogni donna è una risorsa".



Mon, 24 Nov 2025 13:09:47 GMT
Salute
Studio Humanitas - Cnr Pisa: allenare il cervello rallenta il declino cognitivo

AGI - Combinare movimento fisico, stimolazione cognitiva e coltivare relazioni sociali può avere un impatto significativo sulla salute del cervello che invecchia. Un recente studio italiano pubblicato sulla rivista Brain, Behavior & Immunity – Health ha dimostrato che un intervento multidimensionale denominato “Train the Brain” è in grado di migliorare le funzioni cognitive in soggetti con lieve declino cognitivo (Mild Cognitive Impairment, MCI) e di modulare la risposta infiammatoria del sistema immunitario, con effetti misurabili attraverso un prelievo del sangue.

La ricerca, guidata dall` IRCCS Istituto Clinico Humanitas e dall` Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-In) con la collaborazione dell` Istituto di fisiologia clinica del Cnr (Cnr-Ifc), della Fondazione Stella Maris e della Clinica Neurologica della AOUP, si inserisce nel crescente filone di studi che riconosce l` infiammazione cronica come uno dei principali processi biologici associati all` invecchiamento e allo sviluppo di patologie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer, in un fenomeno noto come inflammaging.

Se è vero che tutti gli individui sperimentano un fisiologico declino delle funzioni cognitive con l'invecchiamento, esiste una specifica sottopopolazione in cui questi cambiamenti sono più marcati e misurabili: i soggetti con diagnosi MCI. Queste persone non solo presentano un deterioramento cognitivo superiore a quello atteso per la loro età , ma hanno anche un alto rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer. Per questo motivo, sono i destinatari d'elezione di strategie mirate a prevenire o ritardare la progressione del loro quadro clinico. 


Negli individui affetti da MCI si osservano frequentemente livelli aumentati di citochine pro-infiammatorie. Queste molecole, che agiscono come messaggeri chiave del sistema immunitario, quando presenti in eccesso nel sistema nervoso, possono avere effetti deleteri, compromettendo la funzionalità neuronale, riducendo la plasticità sinaptica e favorendo così meccanismi di neurodegenerazione.
La ricerca è stata finanziata da Fondazione Pisa e Fondazione Cariplo.


Il programma “Train the Brain” : un intervento multidimensionale corpo-mente

Per contrastare efficacemente tali processi, i ricercatori dell` Istituto di Neuroscienze del CNR (IN-CNR) di Pisa hanno sviluppato il programma “Train the Brain” , che si svolge all` interno della Palestra della Mente presso l` Area della Ricerca del CNR di Pisa, un luogo interamente dedicato agli studi volti a contrastare l` invecchiamento cerebrale Il programma si basa su un approccio integrato e multidimensionale per la salute del cervello, combinando attività fisica per promuovere la salute vascolare e metabolica, esercizi di stimolazione cognitiva per mantenere e migliorare le funzioni cerebrali, e interazioni sociali in un ambiente dedicato per contrastare l'isolamento e favorire il benessere emotivo. L` obiettivo è agire simultaneamente su più dimensioni dell` invecchiamento per promuovere la salute cerebrale in persone a rischio.

"I primi studi sul programma “Train the Brain” hanno mostrato risultati molto promettenti in termini di miglioramento delle capacità cognitive (in particolare nelle funzioni di memoria e attenzione) e di modificazioni strutturali cerebrali rilevate tramite risonanza magnetica, tra cui un miglioramento nella perfusione ematica cerebrale e una maggiore conservazione del volume della sostanza grigia in aree corticali implicate nelle funzioni esecutive", afferma il prof. Alessandro Sale, Dirigente di Ricerca e group leader del Cnr-In di Pisa.

"Inoltre – continua Sale –, gli effetti benefici dell` allenamento perdurano nel tempo e non sembrano essere condizionati da fattori come il genere, l` età e il tasso di scolarità , anche se il miglioramento appare più marcato nelle donne e nei soggetti con minor grado di istruzione". 


Tuttavia, la comprensione dei meccanismi che hanno portato a questi cambiamenti era ancora limitata. Per gettare luce sulle basi molecolari dei benefici di programmi come “Train the Brain” , i ricercatori dell` IRCCS Istituto Clinico Humanitas, guidati dalla prof.ssa Michela Matteoli, direttrice del Programma di Neuroscienze di Humanitas, hanno rivolto l` attenzione al ruolo del sistema immunitario. Lo studio ha coinvolto 76 persone con diagnosi di MCI, suddivise in due gruppi: uno sperimentale, che ha seguito il programma multidimensionale della durata di 7 mesi, e un gruppo di controllo, che ha ricevuto unicamente un supporto informativo. A inizio e fine dell` intervento, i partecipanti sono stati sottoposti a valutazioni cognitive, risonanza magnetica cerebrale e analisi del sangue per quantificare i livelli di citochine pro e anti-infiammatorie.

"I risultati hanno evidenziato, nel gruppo “Train the Brain” , una riduzione significativa dei livelli plasmatici di molecole associate a infiammazione sistemica e declino cognitivo, come IL-6, IL-17A, TNF-a e CCL11 – prosegue Michela Matteoli –. Parallelamente, si è osservato un mantenimento o incremento di molecole antinfiammatorie note per il loro effetto neuroprotettivo (IL-10, TGF-ß e IL-4). Tra queste IL-10, che gioca un ruolo importante nella sopravvivenza dei neuroni e nella neurogenesi adulta, aumenta dopo l` allenamento e correla con le capacità di memoria sia a breve che a lungo termine, e rappresenta pertanto un potenziale marcatore per monitorare l` efficacia di programmi di stimolazione motoria e cognitiva in soggetti a rischio".

 
Nel complesso, il programma “Train the Brain” ha dimostrato di agire non solo sul piano psicologico e motivazionale, ma anche su processi biologici centrali nel mantenimento della salute cerebrale durante l` invecchiamento.

Il cervello non invecchia da solo

"Lo studio ribadisce un concetto fondamentale: il cervello è fortemente influenzato dallo stile di vita - conclude Genni Desiato, ricercatrice post-doc all` IRCCS Istituto Clinico Humanitas -. Movimento, stimolazione cognitiva e relazioni sociali esercitano un impatto forte e diretto sulla salute cerebrale e sull` infiammazione sistemica, e sono capaci di agire in maniera misurabile e in profondità , fino al livello di molecole".
Adottare uno stile di vita attivo, combinando regolarmente esercizio fisico e allenamento cognitivo, può rallentare o persino invertire i primi segnali di declino. E la buona notizia è che non è mai troppo tardi per iniziare: anche semplici abitudini quotidiane come camminare, stimolare la mente con letture o giochi e mantenere una vita sociale attiva possono fare una grande differenza. Questi accorgimenti non sono solo "buone pratiche", ma vere e proprie strategie preventive accessibili a tutti per un buon invecchiamento. 



Fri, 21 Nov 2025 02:47:00 GMT
Salute
Tumori: +10% di pazienti vivi dopo una diagnosi di cancro al pancreas
AGI - In Italia aumentano le persone vive dopo la diagnosi di tumore del pancreas, una delle neoplasie più difficili da trattare. Nel 2024 erano 23.600, rispetto a 21.200 nel 2021, con un incremento del 10% in 3 anni. Passi avanti importanti, che possono essere ricondotti soprattutto alla ricerca e ai progressi nelle cure. Ciononostante, non si registra ancora una diminuzione dei casi, pari a 13.585 (6.873 sono uomini e 6.712 donne) nel nostro Paese nel 2024. E solo in un paziente su 5 la malattia è identificata quando è ancora localizzata ed è possibile procedere con l'asportazione chirurgica, con maggiori possibilità di sopravvivenza.

La giornata mondiale del tumore al pancreas si celebra ogni anno il terzo giovedì di novembre e lo slogan lanciato dalla World Pancreatic Cancer Coalition per il 2025 è 'Hello Pancreas. La diagnosi precoce è importante', un saluto che vuole essere un invito ad ascoltare il proprio corpo per captare subito i sintomi allo stadio iniziale e contattare il proprio medico per un confronto immediato. È importante conoscere i fattori di rischio e i sintomi della malattia alla loro insorgenza, per ottenere una diagnosi tempestiva. Ad oggi, infatti, non esiste un test standard per la diagnosi precoce nella popolazione generale.

L'evento di Napoli: ricerca e sostegno ai pazienti

Il 20 novembre alle 14.30 a Napoli, nell'Aula R. Cerra dell'Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione G. Pascale, si farà il punto su ricerca e terapie dando la parola a medici, pazienti, caregiver e ai rappresentanti delle associazioni: Fondazione Nadia Valsecchi, Fondazione Gabriella Fabbroncini, Associazione Oltre la Ricerca ODV e I-PCC - Italian Pancreatic Cancer Coalition, con il prezioso patrocinio di AIOM e AIRC.

In questa occasione sarà inoltre inaugurata la Fondazione Nadia Valsecchi - Sezione Pazienti di Napoli, un nuovo punto di riferimento per il sostegno, l'informazione e la tutela delle persone colpite da tumore al pancreas e delle loro famiglie. L'associazione nasce con l'obiettivo di favorire il dialogo tra pazienti, medici e istituzioni, promuovere la consapevolezza sulla prevenzione e incoraggiare la ricerca scientifica nel campo dell'oncologia pancreatica.

I progressi della ricerca: diagnosi molecolare e nuovi farmaci

"Nonostante il tumore al pancreas abbia una prognosi peggiore rispetto a molti altri tumori, soprattutto per una diagnosi tardiva e per la biologia della malattia che la rende spesso resistente alle terapie, notizie incoraggianti - dichiara Alfredo Budillon, Direttore Scientifico dell'IRCCS Pascale - arrivano dalla ricerca. La possibilità di una diagnosi precoce, particolarmente nelle persone più a rischio, anche con l'ausilio di indagini molecolari su prelievi di sangue, i nuovi farmaci che hanno come bersaglio RAS, una delle principali alterazioni molecolari presente nel 90% dei casi di tumori del pancreas, o nuovi approcci di immunoterapia basati su vaccini terapeutici, sono alcuni esempi che fanno ben sperare per il futuro. Nel corso del convegno illustreremo anche alcuni esempi di studi che stiamo conducendo al Pascale".

Antonio Avallone, direttore della S.C. di Oncologia Medica Addominale - Dipartimento di Oncologia Addominale, continua: "Negli ultimi anni si è registrata una crescente vitalità nella ricerca sul tumore del pancreas, grazie soprattutto all'introduzione di nuovi farmaci quali gli inibitori di RAS. La conferma proviene in particolare dall'ultimo Congresso Europeo di Oncologia Medica (ESMO), tenutosi a Berlino lo scorso mese di ottobre, dove sono stati presentati studi clinici i cui risultati aprono nuovi orizzonti per il trattamento di questa patologia che è destinata a diventare nei prossimi trent'anni una delle neoplasie più frequenti".

Sopravvivenza e fattori di rischio da non sottovalutare

Francesco Perrone, Presidente di Fondazione AIOM, aggiunge: "Negli ultimi anni, in Italia, vi è stato un lieve miglioramento della sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi, pari all'11% negli uomini e al 12% nelle donne. Ma non basta. Il tumore del pancreas resta una delle grandi sfide per l'oncologia, nella quale abbiamo ancora molta strada da compiere sia in termini di ricerca che di prevenzione. Spesso sintomi come dolore allo stomaco e al dorso, maldigestione e dimagrimento vengono confusi con quelli di altre patologie. Il fumo di sigaretta è il principale fattore di rischio, senza dimenticare l'obesità , la sedentarietà , il consumo di alcol e, più in generale, la dieta scorretta. Svolgono un ruolo anche il diabete, la pancreatite cronica e alcune malattie ereditarie".



Thu, 20 Nov 2025 02:13:00 GMT
Salute
Arriva VoxeLite, il dispositivo aptico a risoluzione umana

AGI - In un lavoro pubblicato su Science Advances, ingegneri della Northwestern University hanno sviluppato VoxeLite, il primo dispositivo aptico in grado di raggiungere una "risoluzione umana", cioè una fedeltà tattile paragonabile alla sensibilità della punta delle dita.

Il sistema, leggero come un cerotto, si applica sul polpastrello e replica texture e sensazioni con la stessa chiarezza e rapidità percepite dalla pelle, aprendo la strada a interazioni digitali più realistiche su smartphone, tablet, sistemi di realtà virtuale e interfacce uomo-robot.

VoxeLite è costituito da un foglio sottilissimo di lattice elastico in cui è incorporata una matrice di minuscoli nodi morbidi, ciascuno controllato individualmente. Come "pixel del tatto", i nodi si inclinano e premono sulla pelle grazie a forze elettrostatiche generate dall'elettroadesione, la stessa che fa aderire un palloncino strofinato a una parete.

Come funziona VoxeLite: precisione e velocità

Variando intensità e frequenza dello stimolo elettrico, il dispositivo riproduce superfici ruvide, lisce o direzionali. La sfida principale era raggiungere una densità di nodi compatibile con la risoluzione sensoriale del polpastrello: nel prototipo più avanzato i nodi sono distanziati di circa un millimetro, valore necessario per distinguere dettagli fini senza fonderli in un'unica sensazione. I nodi possono operare fino a 800 volte al secondo, coprendo quasi l'intera gamma percettiva dei recettori cutanei.

Test e risultati: un tatto virtuale realistico

Nei test sperimentali, i partecipanti hanno riconosciuto con l'87% di accuratezza direzioni tattili virtuali come "su", "giù ", "destra" e "sinistra", e con oltre l'80% differenti texture materiali, tra cui pelle, velluto a coste e spugna. Applicazioni future: e-commerce, accessibilità e gaming In modalità passiva, VoxeLite è talmente sottile da non interferire con il tatto naturale, permettendo di alternare sensazioni digitali e reali senza rimuovere il dispositivo. Gli autori vedono applicazioni potenziali nell'e-commerce, dove gli utenti potrebbero "sentire" tessuti e materiali prima di acquistare, nella navigazione tattile per persone con disabilità visive e nei videogiochi immersivi. Il team sta ora studiando come il cervello integra segnali reali e virtuali per ottimizzare le future versioni del dispositivo.



Wed, 19 Nov 2025 14:05:52 GMT
Salute, Komposer
Bambini troppo digitali e troppo presto. Allarme dei pediatri

AGI - I bambini dormono meno, si muovono meno, parlano meno. E sono più ansiosi e soli. È il prezzo invisibile della vita digitale che entra troppo presto nelle case e nei giochi. Gli studi più recenti mostrano quanto questo "prezzo" sia concreto già dalla prima infanzia: 30 minuti in più al giorno di uso dei dispositivi digitali possono raddoppiare il rischio di ritardo del linguaggio nei bambini sotto i 2 anni; ogni ora aggiuntiva di schermi riduce il sonno di circa 15 minuti nei bambini tra 3 e 5 anni; oltre 50 minuti al giorno di schermi si associano a un maggior rischio di ipertensione pediatrica e, già tra i 3 e i 6 anni, a quello di sovrappeso.

La Società Italiana di Pediatria (SIP) torna a parlare di bambini e digitale con dati aggiornati e raccomandazioni più stringenti: ogni anno guadagnato senza digitale è un investimento sulla salute mentale, emotiva, cognitiva e relazionale dei bambini. I nuovi dati e le nuove raccomandazioni, elaborate dalla Commissione sulle Dipendenze Digitali SIP, vengono presentate oggi al Senato agli Stati Generali della Pediatria 2025 dedicati al tema "Il bambino digitale", riunendo istituzioni, pediatri, psicologi e rappresentanti dei media per riflettere su opportunità e rischi della crescita nell'era del digitale e dell'intelligenza artificiale.

La revisione sistematica della letteratura e l'impatto covid-19

Dopo le prime raccomandazioni del 2018 e del 2019, la SIP ha condotto una nuova revisione sistematica della letteratura internazionale, analizzando oltre 6.800 studi, di cui 78 inclusi nell'analisi finale. Il lavoro aggiorna le evidenze sugli effetti dell'uso di smartphone, tablet, videogiochi e social media sulla salute fisica, cognitiva, mentale e relazionale dei minori. "L'esperienza della pandemia da COVID-19 ha aumentato in modo significativo l'esposizione dei minori agli schermi – spiega il Presidente SIP Rino Agostiniani – con un tempo medio giornaliero cresciuto di 4-6 ore, raddoppiato rispetto ai livelli pre-pandemici. Questo cambiamento ha reso ancora più necessario un aggiornamento delle precedenti raccomandazioni.

Elaborate da pediatri, psicologi ed esperti, le nuove raccomandazioni SIP delineano un percorso educativo condiviso per famiglie, scuole e professionisti, per accompagnare bambini e adolescenti verso un uso equilibrato e rispettoso dei tempi di sviluppo. Le linee guida includono: evitare l'accesso non supervisionato a Internet prima dei 13 anni per i rischi legati all'esposizione a contenuti inappropriati; rinviare l'introduzione dello smartphone personale almeno fino ai 13 anni per prevenire conseguenze sullo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale; ritardare il più possibile l'uso dei social media, anche se consentiti per legge.

È fondamentale inoltre: evitare l'uso dei dispositivi durante i pasti e prima di andare a dormire; incentivare attività all'aperto, sport, lettura e gioco creativo; mantenere supervisione, dialogo e strumenti di controllo costanti in tutte le fasce d'età . Confermate le raccomandazioni già emanate nel 2018: niente dispositivi sotto i due anni, limitarli a meno di un'ora al giorno tra i 2 e i 5 anni e a meno di due ore dopo i 5 anni, sotto il controllo dell'adulto.

Vulnerabilità e conseguenze sulla salute

"L'età pediatrica è una fase di straordinaria vulnerabilità e crescita: il cervello continua a formarsi e a riorganizzarsi per tutta l'infanzia e l'adolescenza", precisa Agostiniani. Una stimolazione digitale precoce e prolungata può alterare attenzione, apprendimento e regolazione emotiva. Posticipare l'accesso autonomo a Internet e l'età del primo smartphone almeno fino ai 13 anni è un investimento in salute, equilibrio e relazioni. Dobbiamo restituire ai bambini tempo per annoiarsi, per muoversi, per giocare e per dormire. La presenza e l'esempio degli adulti restano la prima forma di prevenzione digitale.

"Nei bambini sotto i 13 anni l'eccesso di schermi è associato a ritardi del linguaggio, calo dell'attenzione e peggioramento del sonno. Negli adolescenti vediamo crescere ansia, isolamento, dipendenza dai social e perdita di autostima", spiega Elena Bozzola, coordinatrice della Commissione Dipendenze Digitali SIP. "Ogni ora passata davanti a uno schermo è un'ora sottratta al gioco, allo sport, alla creatività . Non serve demonizzare la tecnologia, ma insegnare a usarla con misura e consapevolezza. Più esperienze reali, meno digitale non supervisionato: è questa la vera sfida educativa di oggi".

I rischi specifici: da obesità a dipendenze

La revisione SIP conferma che l'eccesso di tempo davanti agli schermi influisce su più aspetti della salute: obesità e rischio cardiovascolare, sviluppo cognitivo, sonno, salute mentale, dipendenze digitali, vista, cyberbullismo e sessualità online. Sotto i 13 anni, anche un'esposizione superiore a un'ora al giorno può essere un fattore di rischio, mentre oltre due ore al giorno di schermo aumentano del 67% il rischio di sovrappeso o obesità negli adolescenti, anche per effetto della sedentarietà e del marketing alimentare digitale.

L'esposizione precoce ai dispositivi digitali può interferire con i processi di apprendimento e linguaggio. Gli studi di neuroimaging mostrano modifiche nelle aree cerebrali legate all'attenzione e alla comprensione. L'89% degli adolescenti dorme con il cellulare in camera, favorendo deprivazione cronica di sonno. Un uso intensivo è correlato ad ansia, sintomi depressivi e minore autostima. La prevalenza dell'Internet Gaming Disorder varia dall'1,7% al 10,7%; l'uso problematico dello smartphone riguarda fino al 20% dei giovani, con alterazioni cerebrali simili a quelle osservate nelle dipendenze da nicotina. Aumentano i casi di affaticamento visivo, secchezza oculare e miopia precoce. Le vittime di cyberbullismo presentano un rischio triplo di ideazione suicidaria. L'esposizione precoce alla pornografia online è in aumento e si associa a comportamenti sessuali a rischio.

Principi guida e responsabilità condivisa

Le raccomandazioni SIP si rifanno ai principi guida: posticipare l'esposizione digitale, proteggere corpo e mente, promuovere esperienze reali e preservare la centralità dell'adulto. La tecnologia è uno strumento straordinario, ma deve entrare nella vita dei ragazzi al momento giusto, quando hanno la maturità per gestirla. Accompagnarli in questo percorso è



Wed, 19 Nov 2025 07:58:18 GMT
Salute, Komposer
Con le ondate di calore aumentano le disabilità lavorative

AGI - Con l'aumento dell'intensità e della gravità delle ondate di calore legate al cambiamento climatico, i lavoratori - soprattutto i più fragili - rischiano di incorrere molto più spesso in una qualche forma di disabilità . E' quanto emerge da un nuovo studio condotto negli Stati Uniti e pubblicato su Generations.

Utilizzando dati rappresentativi a livello nazionale, i ricercatori hanno scoperto che i lavoratori che svolgono lavori all'aperto, come l'agricoltura o l'edilizia, o lavori al chiuso con scarsa climatizzazione, hanno maggiori probabilità di segnalare problemi di salute che limitano la loro capacità lavorativa.

Queste occupazioni sono svolte in modo sproporzionato da uomini, immigrati e individui con basso status socioeconomico, che hanno anche maggiori probabilità di avere comorbilità , come obesità o diabete.

"Il caldo estremo non è solo un problema ambientale, ma anche un problema di salute e di forza lavoro", ha affermato Mara Getz Sheftel , docente presso il Rutgers Center for State Health Policy presso l' Institute for Health, Health Care Policy and Aging Research e autrice principale dello studio. "I nostri risultati mostrano che le popolazioni emarginate hanno maggiori probabilità di essere esposte al caldo sul lavoro e di subire conseguenze a lungo termine sulla salute".

Sebbene alcuni stati e città abbiano implementato normative locali in materia di esposizione professionale, gli autori dello studio chiedono politiche federali e locali più rigorose per proteggere i lavoratori dal caldo estremo. 



Wed, 19 Nov 2025 07:10:31 GMT
Salute, Komposer
Perché una dieta con il 25-30% di proteine fa bene alla salute

AGI - Una dieta in cui almeno il 25-30% delle calorie proviene da alimenti di origine animale come carne, pesce, uova e latticini, tende a favorire un buono stato di salute, evitando carenze di micronutrienti come ferro, zinco, vitamina B12, iodio e calcio.

È quanto emerso alla presentazione della nuova ricerca scientifica, coordinata dal professor Frederic Leroy, e che propone la "Nourishment Table", uno schema progettato per aiutare le persone a fare scelte alimentari informate.

Il concetto di nutrizione adeguata

Leroy, docente di Microbiologia e Biotecnologie dell'alimentazione presso la Facoltà di scienze e bioingegneria della Vrije Universiteit di Bruxelles, nella sua "Tavola nutrizionale" propone il concetto di "nutrizione adeguata", un approccio fondato su due parametri scientifici verificabili: la densità nutrizionale, cioè il rapporto tra nutrienti essenziali e contenuto energetico e il grado di trasformazione degli alimenti.

 

 

I risultati della ricerca e le diete onnivore

La ricerca, infatti, suggerisce che diete onnivore, ricche di cibi minimamente o moderatamente trasformati ad alta densità nutrizionale, rappresentano una via maestra per una "nutrizione adeguata". "Il nostro obiettivo - afferma Leroy - è fornire un quadro di riferimento che rispetti le scelte individuali, rendendo più facile per i consumatori scegliere alimenti nutrienti nella loro vita quotidiana".

 



Wed, 19 Nov 2025 02:48:00 GMT
Salute
Anche due sigarette al giorno possono aumentare il rischio di morte

AGI - Fumare poche sigarette al giorno, comprese tra due e cinque, aumenta significativamente il rischio di morte e di malattie cardiovascolari. Lo rivela uno studio, condotto su oltre 300mila persone, guidato da Michael Blaha, del Johns Hopkins Ciccarone Center per la prevenzione delle malattie cardiovascolari, pubblicato su PLOS Medicine. Il rischio di insufficienza cardiaca è superiore del 50% e il rischio di morte per qualsiasi causa del 60% rispetto a chi non ha mai fumato. Inoltre, il rischio diminuisce più rapidamente nel primo decennio dopo aver smesso, ma rimane elevato anche fino a trent'anni dopo l'ultima sigaretta.

I ricercatori concludono che smettere di fumare il prima possibile è il modo più efficace per ridurre il rischio, e il tempo trascorso dalla completa cessazione è più importante dell'esposizione prolungata a una minore quantità di sigarette. Questi risultati rafforzano le linee guida consolidate per la salute pubblica – secondo cui i fumatori dovrebbero smettere il prima possibile invece di limitarsi a ridurre – e sottolineano l'importanza dei programmi di prevenzione del fumo.

L'impatto sorprendente anche di basse dosi di fumo

"Questo è uno dei più ampi studi sul fumo di sigaretta fino ad oggi, che utilizza i dati di più alta qualità nella letteratura epidemiologica cardiovascolare", hanno sottolineato i ricercatori: "È sorprendente quanto sia dannoso il fumo: anche basse dosi di fumo comportano elevati rischi cardiovascolari".



Tue, 18 Nov 2025 09:50:56 GMT
Salute
Ecco come il tirzepatide (farmaco anti-obesità ) riduce il desiderio di cibo

AGI - Il tirzepatide, un farmaco progettato per il controllo del peso e la gestione del diabete noto anche con il nome commerciale Mounjaro, può sopprimere l'attività cerebrale e ridurre il desiderio di cibo per diversi mesi. Lo rivela uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Medicine, condotto dagli scienziati dell'Università della Pennsylvania.

Il team, guidato da Casey Halpern, ha valutato l'attività cerebrale, registrata direttamente con elettrodi, di tre partecipanti con obesità grave e difficoltà a controllare le proprie abitudini alimentari. Il lavoro, sottolineano gli esperti, rappresenta la prima indagine sull'uomo in merito all'impatto del tirzepatide sull'attività cerebrale, in particolare all'interno del nucleo accumbens, una regione associata al piacere, alla motivazione e alla ricompensa.

Il desiderio di mangiare, per piacere e necessità di energia, riportano gli scienziati, coinvolge una complessa interazione tra diverse aree del cervello. Gli agonisti del recettore GLP-1 come la tirzepatide, promuovono la perdita di peso, ma la loro influenza sulle reti cerebrali che controllano l'alimentazione disregolata rimane poco compresa.

Esaminare gli impatti di questi medicinali è fondamentale per lo sviluppo di nuovi potenziali trattamenti per i disturbi alimentari. Nell'ambito dell'indagine, i ricercatori hanno scoperto che gli episodi caratterizzati da un forte desiderio di cibo erano collegati a segnali cerebrali di bassa frequenza più intensi nel nucleo accumbens.

La stimolazione cerebrale profonda terapeutica di quest'area in due dei partecipanti ha ridotto questo segnale cerebrale e il pensiero del cibo, per cui è stato dimostrato che la zona rappresenta un biomarcatore del processo di desiderio del cibo. Al terzo partecipante è stato somministrato tirzepatide per la gestione del diabete dopo un intervento di chirurgia bariatrica.

Tuttavia, i segnali cerebrali e il pensiero fisso per il cibo sono tornati alcuni mesi dopo, mentre i pazienti stavano ancora ricevendo dosi di tirzepatina. I risultati preliminari, commentano gli autori, forniscono le prime misurazioni dirette dell'attività del nucleo accumbens in un singolo partecipante alla ricerca umana trattato con tirzepatide. Questi farmaci possono ridurre il desiderio di cibo influenzando i biomarcatori del segnale cerebrale associati al controllo dell'alimentazione. 



Sat, 15 Nov 2025 01:37:00 GMT
Salute
I Paesi più ricchi non sono i più sani

AGI - La ricchezza da sola non determina la salute di una nazione, poiché alcuni dei paesi più ricchi non sono i più sani. Lo rivela una ricerca collaborativa, guidata dall'Università del Surrey e pubblicata su Annals of Operations Research. Lo studio ha classificato 38 paesi dell'OCSE in base ai progressi compiuti verso l'Obiettivo di Sviluppo Sostenibile, SDG, delle Nazioni Unite, volto a garantire una vita sana e promuovere il benessere.

Lo studio ha valutato l'efficienza con cui ogni paese converte gli investimenti sanitari in risultati concreti, come l'aspettativa di vita, la prevenzione delle malattie e l'accesso all'assistenza. Paesi come Islanda, Giappone e Norvegia sono in testa alla classifica, supportati da sistemi sanitari pubblici solidi e da un equo accesso alle cure.

Alcune delle nazioni più ricche, tra cui Stati Uniti e Canada, sono in ritardo, ottenendo risultati peggiori per ogni sterlina spesa rispetto alle economie più piccole ma più strategiche. I ricercatori hanno utilizzato un modello avanzato basato sui dati, Joint Variable Selection Directional Distance Function, DDC, che ha incluso anche l'impatto dei rischi legati al clima.

Le nazioni che danno priorità alla prevenzione, all'accesso universale e all'equità sociale tendono a ottenere risultati migliori. I paesi con politiche di salute ambientale solide tendono a ottenere costantemente punteggi di salute complessivi più elevati. I risultati sottolineano che i decisori politici dovrebbero concentrarsi sulla prevenzione, la sostenibilità e l'accesso equo piuttosto che sul semplice aumento dei bilanci sanitari.



Fri, 14 Nov 2025 11:29:49 GMT
Salute
Primo morto per l''allergia alla carne' trasmessa da una zecca

AGI - I ricercatori della University of Virginia School of Medicine hanno identificato il primo decesso noto associato alla cosiddetta “allergia alla carne” indotta dal morso della zecca Lone Star. Il caso riguarda un uomo di 47 anni del New Jersey, morto improvvisamente alcune ore dopo aver consumato carne bovina. L` allergia, descritta da Thomas Platts-Mills, allergologo di fama mondiale che ne ha scoperto i meccanismi, è provocata dalla sensibilizzazione allo zucchero alpha-gal, presente nelle carni dei mammiferi. Lo studio, pubblicato sul Journal of Allergy and Clinical Immunology: In Practice, conferma per la prima volta che la reazione anafilattica può essere fatale.

Secondo la ricostruzione clinica, l` uomo aveva manifestato un primo episodio severo nell` estate 2024, durante una vacanza in campeggio con la famiglia, alcune ore dopo aver mangiato una bistecca. Dolori addominali intensi, diarrea e vomito erano regrediti entro la mattina successiva, senza che fosse riconosciuto il legame con la carne. Due settimane più tardi, dopo aver consumato un hamburger durante un barbecue, il paziente si è sentito male in pochi minuti ed è stato ritrovato privo di sensi dal figlio. L` autopsia aveva classificato il caso come “morte improvvisa inspiegata” , finché la moglie non ha chiesto un riesame dei risultati.

Il team di Platts-Mills ha ottenuto campioni di sangue post-mortem e ha identificato livelli molto elevati di IgE specifiche per alpha-gal, compatibili con un episodio di anafilassi grave. La presenza di numerosi “chigger bites” sulle caviglie, inizialmente attribuiti a larve di acari, è stata reinterpretata come esposizione a larve di Lone Star tick, particolarmente diffuse negli stati orientali degli USA. Gli specialisti ipotizzano che diversi fattori – consumo di alcol, esposizione al polline di ambrosia ed esercizio fisico nel pomeriggio – possano aver accentuato la risposta immunitaria del paziente. La famiglia riferiva inoltre che l` uomo consumava carne rossa molto raramente.

L` allergia all` alpha-gal è un disturbo in crescita negli Stati Uniti, legato all` espansione della popolazione di cervi che favorisce la diffusione della zecca. Le manifestazioni includono orticaria, nausea, vomito, dolore addominale severo e, nei casi più gravi, anafilassi ritardata che si manifesta da tre a cinque ore dopo l` ingestione di carne bovina, suina o ovina. Platts-Mills invita i medici a considerare questa diagnosi quando un paziente riferisce episodi acuti notturni senza causa apparente. Particolare attenzione va rivolta ai morsi di zecche che prudono per oltre una settimana, spesso indicativi di sensibilizzazione.

Il caso conferma il timore, finora solo teorico, che l` allergia possa essere fatale. Gli autori ricordano che un` adeguata anamnesi e la valutazione delle IgE specifiche consentono di individuare i soggetti sensibili, che possono gestire la condizione con una dieta mirata e l` uso appropriato di farmaci di emergenza.

I risultati sono stati pubblicati in open access da Platts-Mills insieme a Lisa J. Workman, Nathan E. Richards, Jeffrey M. Wilson ed Erin M. McFeely, con il consenso della famiglia del paziente. Il lavoro sottolinea l` importanza di una più ampia consapevolezza clinica, soprattutto in regioni in cui la zecca Lone Star è ormai endemica, e invita a un monitoraggio più esteso delle reazioni allergiche ritardate legate all` ingestione di carne.



Fri, 14 Nov 2025 01:00:00 GMT
Salute
Nel mondo quasi una persona su tre soffre di emicrania

AGI - I disturbi legati al mal di testa interessano circa 3 miliardi di persone nel mondo, quasi una persona su tre, e nel 2023 hanno contribuito in modo sostanziale alle perdite di salute globali, posizionandosi al sesto posto tra le principali cause di disabilità . Lo rivela uno studio, condotto da ricercatori dell'Institute for Health Metrics and Evaluation (Ihme), e della Norwegian University of Science and Technology (Ntnu), riportato su 'The Lancet Neurology'. La ricerca ha esaminato la perdita di salute, misurata in anni vissuti con disabilità o Yld, dovuta a emicraniacefalea di tipo tensivo e cefalea da abuso di farmaci.

Le differenze di genere sono significative, con le donne che riportano una perdita di salute correlata al mal di testa superiore a quella degli uomini, e trascorrono una porzione maggiore della vita con sintomi dolorosi. L'emicrania emerge come la principale causa di disabilità  tra le cefalee, pur essendo la cefalea tensiva la forma più comune. Inoltre, l'abuso di analgesici contribuisce in modo rilevante al carico globale di mal di testa, evidenziando opportunità per una gestione del dolore più sicura e migliore accesso alle cure. Il quadro globale non mostra cambiamenti significativi nell'incidenza da 30 anni, suggerendo che le cause di fondo restano stabili e che interventi efficaci richiedono strategie preventive e terapeutiche sostenute a livello internazionale.

L'urgenza di interventi e cure primarie

I risultati evidenziano che gran parte del carico globale di cefalea è  prevenibile, in particolare affrontando l'abuso di farmaci. I ricercatori sottolineano l'urgente necessità di integrare i servizi per la cefalea nell'assistenza primaria, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito e migliorare l'accesso a cure adeguate e alla formazione sull'uso sicuro dei farmaci per ridurre la perdita di produttività  e migliorare la qualità della vita.



Thu, 13 Nov 2025 13:54:52 GMT
Salute
Lo Spallanzani e i consultori del Lazio insieme per la prevenzione delle infezioni sessual...

AGI - A livello globale si registrano oltre un milione di nuove diagnosi di Infezioni Sessualmente Trasmissibili al giorno. Negli ultimi 10 anni, secondo i dati pubblicati dal Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle malattie (Ecdc), il numero di casi di sifilide, gonorrea e clamidia è aumentato rispettivamente del 100%, del 321% e del 13%, soprattutto tra i giovani. La fascia più colpita è quella tra i 20 e i 34 anni, ma registriamo casi anche tra i giovanissimi, dai 15 ai 19 anni. Inoltre, nel Lazio oltre il 10% delle nuove diagnosi di HIV nel 2023 ha riguardato ragazzi sotto i 25 anni". Partendo da queste premesse, illustrate dalla dottoressa Valentina Mazzotta, responsabile UOS Counseling Test e Prevenzione HIV e IST, l'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive "Lazzaro Spallanzani" IRCCS di Roma organizza e promuove la sessione autunnale della European Testing Week con i consultori della Regione Lazio.

Un'iniziativa che si ancora al ruolo di Centro di Riferimento Regionale Aids dello Spallanzani e alla "Settimana della Scienza" quando l'Istituto romano ospitò centinaia di studenti per affrontare il tema delle Infezioni Sessualmente Trasmissibili e incontrò la rete regionale dei consultori per pensare e organizzare un intervento strutturato. E il primo frutto della collaborazione tra queste realtà vedrà la luce nella settimana 17 - 24 novembre quando medici e infermieri dello Spallanzani si recheranno in dodici consultori del Lazio dove, al fianco degli operatori locali, offriranno a giovani e giovanissimi/e consulenza, informazioni utili e test rapidi, gratuiti e anonimi per Hiv, Hcv e sifilide. 

Il calendario degli appuntamenti

Lunedì 17 novembre dalle 14 alle 18, Asl Roma 1 - Consultorio Imre, viale Angelico 28 (Roma); martedì 18 novembre dalle 14.30 alle 17, Consultorio Asl Roma 3, Largo Quaroni 2-4 (Roma), Consultorio Asl Roma 4, Largo donatori del sangue 1 (Civitavecchia), Consultorio Asl Roma 6, via dei Castelli romani 2 (Pomezia); mercoledì 18 novembre dalle 14.30 alle 17, Consultorio Asl Roma 3, Lungomare Toscanelli 230 (Ostia), Consultorio Asl Roma 4, Largo dell'ospedale vecchio 8 (Bracciano), Consultorio Asl Roma 4, via Nino Bixio 27 (Ladispoli); giovedì 20 novembre, dalle 14.30 alle 17, Consultorio ASL Roma 2, via Spencer 282 (Roma), Consultorio Asl Roma 4, via Tiberina 71 (Fiano Romano), Consultorio ASL Roma 6, viale San Nilo 4 (Grottaferrata); lunedì 24 novembre dalle 14 alle 17.30, consultorio Asl Roma 2, via Canapiglie 88 (Roma), Consultorio Asl Roma 5, via IV novembre 2 (Fonte Nuova).

L'importanza della prevenzione e dei test

"Tutte le persone sessualmente attive - spiega ancora la dottoressa Mazzotta -, possono essere esposte al rischio di infezioni Sessualmente Trasmissibili (Ist). La chiave è  informarsi e conoscere gli strumenti per proteggersi e tutelare la propria salute. Si è abbassata l'età del debutto sessuale, spesso accompagnato dalla mancanza di un'adeguata educazione, affettiva e sessuale, sia a scuola che in famiglia. Molti non conoscono le infezioni a trasmissione sessuale e le loro conseguenze. Invece, è fondamentale che i ragazzi le conoscano bene, sappiano come si prevengono, come si manifestano, dove è possibile fare i test e come accedere ai Centri, ospedalieri o sul territorio, che svolgono attività di consulenza, prevenzione, screening. Fare i test vuol dire accorgersi il prima possibile di aver contratto un'infezione a trasmissione sessuale, anche quando non si hanno sintomi, curarla per migliorare il proprio stato di salute e interrompere la catena di trasmissione. Oltre a sottoporsi a test periodici, per ridurre il rischio è sempre raccomandato l'uso del preservativo e le vaccinazioni come quelle per papilloma virus, epatite di tipo A e B e Mpox e programmi di prevenzione personalizzati".



Thu, 13 Nov 2025 01:41:00 GMT
Salute
Il paracetamolo in gravidanza non provoca autismo

AGI - L'uso di paracetamolo, o acetaminofene, durante la gravidanza, non è direttamente legato allo sviluppo di autismo o ADHD nei bambini. Lo rivela uno studio guidato da Shakila Thangaratinam, dell'University di Liverpool, riportato su BMJ.

La ricerca è una revisione generale che ha valutato la qualità e la validità delle revisioni sistematiche esistenti sull'argomento. La fiducia complessiva nei risultati delle nove revisioni sistematiche identificate è stata classificata da bassa, due revisioni, a criticamente bassa, sette revisioni. Tutte le revisioni avevano segnalato una possibile o forte associazione tra l'assunzione materna di paracetamolo e lo sviluppo di autismo o ADHD nei bambini. Tuttavia, la maggior parte, sette su nove, raccomandava cautela a causa del potenziale rischio di lacune e dell'impatto di fattori confondenti non misurati.

Fattori confondenti e affidabilità degli studi

Il fattore cruciale che compromette l'affidabilità degli studi precedenti è la mancata considerazione di importanti fattori genetici e ambientali condivisi all'interno delle famiglie. Infatti, solo una revisione includeva due studi che avevano tenuto conto degli effetti dei fattori genetici e ambientali condivisi dai fratelli e della salute e dello stile di vita dei genitori. In entrambi questi studi di alta qualità , l'associazione osservata tra l'esposizione al paracetamolo e il rischio di autismo e ADHD è scomparsa o si è ridotta notevolmente dopo l'adattamento, suggerendo che questi fattori e, non l'uso del farmaco, spiegano gran parte del rischio.

Paracetamolo in gravidanza: le indicazioni

I ricercatori affermano chiaramente che alle donne dovrebbe essere consigliato di assumere paracetamolo quando necessario per trattare il dolore e la febbre durante la gravidanza, poiché rimane il trattamento di prima linea raccomandato dalle agenzie di regolamentazione globali.

Prospettive future

Secondo i ricercatori, è fondamentale che gli enti regolatori, i medici e le donne in gravidanza siano informati della scarsa qualità delle revisioni esistenti. In conclusione, lo studio dimostra che la base di prove attuale non è sufficiente per collegare in modo definitivo l'esposizione in gravidanza al paracetamolo ad autismo e ADHD nell'infanzia. Secondo gli scienziati, sono necessari ulteriori studi che tengano conto dei fattori confondenti familiari e non misurati per migliorare le prove sulla sicurezza del farmaco.



Wed, 12 Nov 2025 02:38:00 GMT
Salute
La neuroginecologia ridefinirà l'approccio alla salute della donna?

AGI - Una nuova e affascinante frontiera scientifica sta per ridefinire l` approccio alla salute della donna. Si tratta della neuroginecologia, una disciplina che fonde per la prima volta ginecologia e neuroscienze, e promette di aprire orizzonti rivoluzionari nella comprensione e nel trattamento di patologie femminili complesse: dal dolore cronico pelvico all` endometriosi severa fino alla neurorigenerazione.

Pioniere e ideatore di questa rivoluzione è Marcello Ceccaroni, direttore del Dipartimento per la tutela della salute e della qualità di vita della donna dell` IRCCS Ospedale Sacro Cuore – Don Calabria di Negrar di Valpolicella (Verona), il primo centro italiano e tra i primi al mondo nella diagnosi e cura dell` endometriosi, che colpisce 3 milioni di donne in Italia e 150 milioni su scala globale.

Già presidente della International School of Surgical Anatomy (ISSA) e massimo esperto mondiale di chirurgia laparoscopica, Ceccaroni è anche il fondatore e presidente della neonata International Society of Neuro-Gynecology & Nerve Sparing Surgery (ISNG). La nuova società , che riunisce il gotha degli specialisti dalle più prestigiose università al mondo, è stata presentata al 54° Congresso, a Vancouver, dell` American Association of Gynecologic Laparoscopists, la più importante società scientifica di chirurgia ginecologica mini-invasiva.

Insignito nel 2023 del premio internazionale “Gold Laparoscope Award” , per aver ideato la tecnica chirurgica laparoscopica “nerve-sparing” per l` eradicazione dell` endometriosi severa, celebre come “Negrar Method” , Ceccaroni, in occasione del congresso, riceverà l` onorificenza di “Original Innovator (OI)” per le sue idee un tempo rivoluzionarie e oggi divenute uno standard di trattamento.

“La neuroginecologia – afferma Ceccaroni -, rappresenta un ponte che unisce anatomia, neuroscienze e innovazione chirurgica. È una branca scientifica volta a interpretare e analizzare tutti i delicati fenomeni che sono alla base del dolore, specialmente il dolore cronico, passando per lo studio dei fenomeni biologici, genetici e immunologici collegati alla neuroinfiammazione e all` infertilità .

Tutti questi settori di studio saranno associati alla ricerca anatomica e neuroanatomica, volta allo sviluppo e alla evoluzione di nuove tecniche chirurgiche, finalizzate alla preservazione delle fibre nervose e delle funzioni pelviche dopo chirurgie molto invasive per tumori ginecologici e per malattie infiltrative come l` endometriosi pelvica severa (le cosiddette tecniche ‘nerve-sparing` ).

Un altro importantissimo campo di indagine e di ricerca dalla ISNG riguarderà lo studio e lo sviluppo di nuovi fattori e matrici di neurorigenerazione e nuove strutture biosintetiche per il supporto e la rigenerazione di fibre nervose danneggiate dalle patologie infiltrative o in seguito a interventi chirurgici radicali” . Il board della ISNG vanta scienziati di fama internazionale, tra cui Shailesh Puntambekar, direttore del Galaxy Care Hospital di Pune in India, che ha eseguito il primo trapianto di utero in laparoscopia, grazie a una tecnica chirurgica sviluppata assieme a Ceccaroni.

Nonostante sia una branca nuova, la neuroginecologia affonda le sue radici nell` antichità , ricollegandosi all` eredità di Leonardo Da Vinci, il primo scienziato a disegnare con precisione il sistema nervoso periferico. “La neuroginecologia si propone quindi come la ‘scienza che connette i nervi` , portando la medicina femminile dai precisi studi anatomici di Da Vinci fino alle frontiere della neuroscienza e della biotecnologia” , conclude Ceccaroni. 



Tue, 11 Nov 2025 13:42:14 GMT
Salute
Cancro alla prostata, la tiroide apre una nuova strada terapeutica

AGI - Un ormone prodotto dalla tiroide potrebbe essere la chiave per controllare la crescita del tumore alla prostata, una delle neoplasie più diffuse tra gli uomini. A rivelarlo è uno studio internazionale guidato dall` Università di Umeå, in Svezia, e dalla Medizinische Universität di Vienna, che ha individuato nel recettore dell` ormone tiroideo TRß un nuovo potenziale bersaglio terapeutico. Bloccando la sua attività con una sostanza sperimentale, i ricercatori sono riusciti a rallentare la proliferazione delle cellule tumorali e a ridurre le dimensioni delle masse nei modelli animali. Lo studio, pubblicato sulla rivista Molecular Cancer, apre la strada a un possibile approccio farmacologico per i casi più aggressivi e resistenti alle terapie ormonali tradizionali.

Il gruppo di ricerca, coordinato da Lukas Kenner, visiting professor all` Università di Umeå e docente di patologia alla Medizinische Universität di Vienna, ha osservato che l` attivazione del recettore TRß da parte dell` ormone triiodotironina (T3) stimola la divisione delle cellule tumorali prostatiche. Quando invece il recettore viene inibito con un composto sperimentale, denominato NH-3, la crescita cellulare diminuisce in modo significativo. “I risultati indicano che TRß agisce come un motore della proliferazione tumorale – ha spiegato Kenner – e che le molecole capaci di bloccarne l` attività potrebbero diventare la base per nuovi farmaci contro il carcinoma prostatico” . 

Nei test condotti su modelli murini, la somministrazione di NH-3 ha dimostrato di rallentare o fermare la crescita delle masse tumorali, soprattutto nei casi di tumore cosiddetto “castration resistant” , cioè refrattario alle terapie che riducono i livelli di testosterone. Queste forme, tra le più difficili da trattare, continuano a crescere anche dopo la soppressione ormonale. L` inibizione del recettore TRß ha interrotto la trasmissione del segnale dell` androgeno, la via di comunicazione molecolare normalmente attivata dal testosterone e fondamentale nello sviluppo del tumore prostatico.

“Spegnendo il recettore tiroideo – ha sottolineato Kenner – si riesce a neutralizzare indirettamente anche il segnale androgenico che alimenta il cancro” . Per verificare la validità del meccanismo anche nell` uomo, i ricercatori hanno analizzato campioni di tessuto provenienti da coorti di pazienti affetti da carcinoma prostatico. In queste biopsie, i livelli del recettore TRß risultavano significativamente più elevati rispetto a quelli dei tessuti sani. Le analisi genetiche hanno inoltre evidenziato mutazioni in numerosi pazienti che alterano le vie di segnalazione dell` ormone tiroideo. “L` evidenza clinica – ha spiegato Kenner – conferma il ruolo del recettore come fattore di progressione. Intervenirvi farmacologicamente potrebbe rappresentare una strategia mirata per i casi in cui le terapie ormonali convenzionali non funzionano più .” .

Il composto NH-3 utilizzato nello studio non è ancora adatto all` uso clinico: al momento è impiegato solo in ambito sperimentale per studiare il blocco del TRß. Tuttavia, i ricercatori ritengono che la scoperta possa favorire lo sviluppo di molecole simili ma più sicure e specifiche. L` obiettivo è creare farmaci capaci di inibire il recettore tumorale senza compromettere l` equilibrio ormonale della tiroide.

“Si tratta di un bilanciamento complesso – ha osservato Kenner – perché interferire con la funzione tiroidea può avere conseguenze sistemiche. Ma la nostra ricerca dimostra che la via del TRß è una pista concreta per nuovi approcci terapeutici” . Il carcinoma prostatico è la seconda forma di tumore più comune tra gli uomini nel mondo. Se diagnosticato precocemente, può essere trattato con successo grazie a interventi mirati a ridurre il testosterone. Tuttavia, molti pazienti sviluppano resistenze, rendendo le opzioni terapeutiche limitate. La scoperta di un collegamento tra ormoni tiroidei e proliferazione prostatica suggerisce un cambio di prospettiva: non solo agire sugli ormoni maschili, ma anche modulare quelli prodotti dalla tiroide per spegnere i meccanismi di crescita del tumore.  “Naturalmente sarà necessario un ulteriore lavoro per capire come integrare questo approccio con le terapie esistenti – ha concluso Kenner – ma i dati indicano che intervenire sull` asse tiroide-prostata potrebbe offrire una nuova arma contro le forme più aggressive e difficili da trattare” .



Tue, 11 Nov 2025 09:57:52 GMT
Salute, Komposer
C'è un legame tra la ‘malattia del bacio` e la sclerosi multipla nei bambini

AGI - Uno studio dei ricercatori dell` Ospedale Pediatrico romano evidenzia una correlazione specifica tra l` infezione da virus della mononucleosi e l` insorgenza della malattia infiammatoria cronica del sistema nervoso
 
Il virus che innesca la mononucleosi infettiva - la cosiddetta “malattia del bacio” - gioca un ruolo diretto nell` insorgenza della sclerosi multipla tra bambini e ragazzi. La conferma arriva da uno studio condotto da clinici e ricercatori dell` Unità di Neurologia dello sviluppo dell` Ospedale Pediatrico Bambino Gesù su un campione di 219 giovani pazienti. I risultati dell` indagine, appena pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Neurology, aprono nuove prospettive per la comprensione della malattia infiammatoria del sistema nervoso centrale e per future strategie di prevenzione, come la vaccinazione contro l` infezione da virus di Epstein-Barr (EBV).

La sclerosi multipla: colpisce il 10% dei bambini

La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria cronica del sistema nervoso centrale in cui il sistema immunitario attacca per errore la mielina, la guaina che riveste le fibre nervose. Sebbene la maggior parte dei casi si manifesti in età adulta, circa 1 paziente su 10 è un bambino o un adolescente. Le cause della malattia restano ancora in parte sconosciute, ma l` ipotesi che fattori genetici e ambientali – tra cui le infezioni virali – possano contribuire alla sua insorgenza è sempre più solida. Negli adulti l` associazione tra l` EBV - il virus responsabile della mononucleosi infettiva - e sclerosi multipla è infatti ben documentata. Fino ad oggi, tuttavia, tale relazione era meno evidente nei casi con esordio prima dei 18 anni.

La ricerca del Bambino Gesù

Lo studio condotto da clinici e ricercatori dell` Unità di Neurologia dello Sviluppo del Bambino Gesù con la collaborazione del Dipartimento di Neuroscienze della Sapienza Università di Roma, è durato 2 anni e ha coinvolto complessivamente 219 pazienti tra i 6 e i 17 anni (età media 12 anni), 57 dei quali affetti da sclerosi multipla.

Tramite tecniche di laboratorio basate sulla chemiluminescenza, sono stati analizzati campioni di sangue di tutti i partecipanti per individuare la presenza di anticorpi specifici contro l` EBV riscontrando che il 100% dei bambini con sclerosi multipla era positivo al virus, spesso contratto in modo asintomatico.
 
Per confermare la specificità di questo risultato, i ricercatori hanno confrontato i dati emersi dai pazienti con sclerosi multipla con due gruppi di controllo composti da bambini con malattie autoimmuni non neurologiche e da piccoli pazienti con cefalea primaria, considerati immunologicamente sani. In questi ultimi, solo il 59% mostrava segni di un` infezione pregressa da EBV. La differenza, statisticamente significativa, ha rafforzato l` ipotesi di una connessione diretta tra le due malattie.

Verso nuove strategie di prevenzione e cura

I dati emersi dallo studio del Bambino Gesù indicano dunque un nesso causale e specifico del virus di Epstein-Barr nello sviluppo della sclerosi multipla in età pediatrica, aprendo la strada a nuovi percorsi per la prevenzione e la cura.
 
"Mentre la relazione tra infezione da EBV e insorgenza della sclerosi multipla in età adulta è accettata dalla comunità scientifica, la sua importanza per i casi ad esordio prima dei 18 anni appariva piuttosto dubbia. I nostri risultati, invece, confermano che si tratta di un fattore di rischio fondamentale anche nel bambino e nell` adolescente" sottolinea il dott. Gabriele Monte, prima firma dello studio.
 
"Comprendere le cause della sclerosi multipla è fondamentale per poter sviluppare trattamenti mirati e strategie di prevenzione efficaci" aggiunge il prof. Massimiliano Valeriani, responsabile di Neurologia dello Sviluppo del Bambino Gesù e coordinatore della ricerca. "Il nostro studio supporta la possibilità che un vaccino contro il virus che scatena la mononucleosi possa avere un impatto significativo sulla riduzione dell` incidenza della sclerosi multipla nei più giovani".

Un centro di riferimento per la sclerosi multipla pediatrica

Il Centro per la Sclerosi Multipla dell` Ospedale Pediatrico Bambino Gesù è punto di riferimento nazionale per la diagnosi, la terapia e la ricerca su questa complessa patologia nei bambini e negli adolescenti. I giovani pazienti e le loro famiglie vengono seguiti lungo tutto il percorso di cura sino al follow up in età adulta. Sebbene l` esordio della malattia sia raro prima dei 10 anni (1%), nel 10% dei casi si manifesta tra i 10 e i 18 anni, con caratteristiche cliniche peculiari che richiedono protocolli specifici e studi mirati. Con circa 70 pazienti attualmente in cura, il Bambino Gesù gestisce la più ampia casistica pediatrica a livello nazionale