Thu, 25 Dec 2025 00:27:00 GMT
Salute, Komposer
Un legame tra cervello e cuore rallenta l` invecchiamento cardiaco

AGI - Preservare il collegamento tra cuore e nervo vago può rallentare il processo di invecchiamento cardiaco. È quanto emerge da uno studio internazionale coordinato dalla Scuola Superiore Sant` Anna e pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine, che individua in particolare nel ramo destro del nervo vago un fattore protettivo fondamentale per la salute delle cellule cardiache.

La ricerca dimostra che il mantenimento dell` innervazione vagale cardiaca bilaterale rappresenta un vero e proprio fattore anti-invecchiamento del cuore, indipendentemente dalla frequenza cardiaca. In particolare, la connessione con il nervo vago destro contribuisce a preservare la funzionalità dei cardiomiociti e a contrastare i meccanismi di rimodellamento che portano al deterioramento del muscolo cardiaco.

Lo studio adotta un approccio fortemente multidisciplinare

Lo studio integra medicina sperimentale e bioingegneria applicata alla ricerca cardiovascolare. Il lavoro è stato guidato dal gruppo di Medicina Critica Traslazionale (TrancriLab) del Centro Interdisciplinare Health Science della Scuola Sant` Anna, sotto la responsabilità di Vincenzo Lionetti, e dal laboratorio dell` Istituto di Biorobotica diretto da Silvestro Micera, che ha contribuito allo sviluppo di un condotto nervoso bioassorbibile progettato per favorire la rigenerazione spontanea del nervo vago a livello cardiaco.

L` attività sperimentale è stata condotta a Pisa grazie a finanziamenti europei FET (Future and Emerging Technologies) nell` ambito del progetto NeuHeart e, in parte, con fondi PNRR del Tuscany Health Ecosystem. Alla ricerca hanno partecipato numerose istituzioni italiane e internazionali, tra cui la Scuola Normale Superiore, l` Università di Pisa, la Fondazione Toscana G. Monasterio, l` Istituto di Fisiologia Clinica del CNR, l` Università di Udine, GVM Care & Research, l` Università Nazionale Al-Farabi del Kazakistan, il Leibniz Institute on Ageing di Jena e il Politecnico Federale di Losanna.

“Quando l` integrità della connessione con il nervo vago viene persa, il cuore invecchia più rapidamente” , spiega Lionetti. Anche un ripristino parziale del collegamento tra nervo vago destro e cuore, aggiunge la cardiologa Anar Dushpanova, risulta sufficiente a contrastare i processi di rimodellamento e a preservare una contrazione cardiaca efficace.

Secondo gli autori, i risultati aprono nuove prospettive per la chirurgia cardiotoracica e dei trapianti, suggerendo che il ripristino dell` innervazione vagale cardiaca durante l` intervento potrebbe diventare una strategia innovativa di protezione a lungo termine del cuore, spostando l` attenzione clinica dalla gestione delle complicanze tardive alla prevenzione dell` invecchiamento cardiaco precoce.



Fri, 19 Dec 2025 10:23:53 GMT
Salute, Komposer
Scoperto il meccanismo con cui agisce la candida

AGI - La 'Candida auris' attiva una serie di geni durante le infezioni, che possono essere presi di mira per eventuali trattamenti. A individuarli ed elencarli uno studio, pubblicato sulla rivista 'Nature Communications Biology', condotto dagli scienziati del Medical Research Council (Mrc), del National Center for Replacement, Reduction and Refinement (Nc3rs) e dell'Universita' di Exeter. Il team, guidato da Rhys Farrer, ha svelato il processo genetico che potrebbe aprire nuove strade per curare un'infezione fungina potenzialmente mortale, che ha provocato la chiusura di numerosi reparti ospedalieri.

La 'Candida auris', spiegano gli esperti, è un patogeno particolarmente pericoloso per le persone gravemente malate. Sebbene sembri vivere sulla pelle di un numero crescente di persone, i pazienti sottoposti a ventilazione meccanica corrono i rischi più grandi. Una volta infettata, la malattia ha un tasso di mortalità del 45%, e può resistere a tutte le principali classi di farmaci antimicotici, rendendo estremamente difficile la sua eradicazione dai reparti.  

I ricercatori hanno esaminato in che modo i geni vengono attivati durante l'infezione attraverso le larve di pesce. I risultati pongono le basi per l'identificazione di un bersaglio per lo sviluppo di nuovi farmaci o per il riutilizzo di farmaci esistenti. "Questo patogeno - afferma Farrer - ha causato danni significativi nelle unità di terapia intensiva ospedaliera. Può essere mortale per i pazienti vulnerabili e le aziende sanitarie hanno speso milioni di dollari per il difficile compito di eradicarla. Riteniamo che la nostra ricerca possa aver rivelato un punto debole di questo patogeno letale durante l'infezione attiva e abbiamo urgente bisogno di ulteriori ricerche per verificare se sia possibile trovare farmaci che prendano di mira e sfruttino questa debolezza".

La 'Candida auris' è nota per la sua capacità di resistere alle alte temperature e per una tolleranza particolarmente elevata al sale, il che ha portato alcuni a ipotizzare che possa provenire dagli oceani tropicali. Gli autori hanno sperimentato un modello di pesce killifish arabo, le cui uova sopravvivono alla temperatura corporea umana.

Il team ha scoperto che la 'Candida auris' puo' trasformarsi in corpi fungini allungati, noti come filamenti, probabilmente per cercare sostanze nutritive. Gli studiosi hanno individuato i geni che si attivano durante l'infezione. "Ci sono ancora delle fasi di ricerca che dobbiamo completare - conclude Gifford - tuttavia, la nostra scoperta potrebbe rappresentare una prospettiva entusiasmante per i trattamenti futuri. Disponiamo di farmaci che agiscono sulle attività di eliminazione del ferro. Dobbiamo valutare se possano essere riutilizzati per contrastare la 'Candida auris'".



Tue, 16 Dec 2025 03:21:00 GMT
Salute
Normalizzare la glicemia dimezza il rischio di infarto

AGI - Riportare la glicemia entro valori normali nella fase di prediabete riduce di circa il 50 per cento il rischio di infarto, scompenso cardiaco e morte prematura. È quanto emerge da una nuova analisi internazionale pubblicata su The Lancet, coordinata da ricercatori dell'University Hospital di Tubinga, dell'Helmholtz Munich e del Deutsches Zentrum für Diabetesforschung, basata su dati di follow-up fino a 30 anni.

Lo studio ha combinato e rianalizzato i dati di due tra i più grandi programmi di prevenzione del diabete al mondo, condotti negli Stati Uniti e in Cina, coinvolgendo oltre 2.400 persone con prediabete.

Remissione del prediabete: il vero fattore protettivo

L'analisi mostra che il beneficio cardiovascolare non dipende semplicemente dal cambiamento dello stile di vita, ma dal raggiungimento e mantenimento della remissione del prediabete, definita come normalizzazione stabile della glicemia. I partecipanti che sono riusciti a riportare i livelli di glucosio nel range normale hanno mostrato un rischio significativamente più basso di morte cardiovascolare e di ricovero per scompenso cardiaco rispetto a chi è rimasto in una condizione di iperglicemia, anche quando la perdita di peso era simile tra i gruppi.

Mortalità ridotta del 50% nel lungo periodo

Nel corso del follow-up, durato 20 anni nello studio statunitense e 30 anni in quello cinese, la mortalità cardiovascolare si è ridotta di circa la metà tra coloro che avevano ottenuto la remissione. Secondo i ricercatori, questi risultati colmano una lacuna storica nella prevenzione. Finora, infatti, gli interventi sullo stile di vita nel prediabete non avevano dimostrato in modo chiaro una riduzione a lungo termine degli eventi cardiovascolari maggiori. L'analisi suggerisce invece che la remissione del prediabete rappresenti un obiettivo clinico misurabile e rilevante anche per la protezione del cuore. "Questi dati indicano che la remissione del prediabete non solo ritarda o previene il diabete di tipo 2, ma protegge anche da gravi malattie cardiovascolari nel lungo periodo", ha spiegato Andreas Birkenfeld, direttore della Clinica di Diabetologia dell'University Hospital di Tubinga e membro del board del DZD.

Il valore soglia cruciale per la pratica clinica

Lo studio identifica inoltre un valore soglia semplice e applicabile nella pratica clinica: una glicemia a digiuno pari o inferiore a 97 mg/dL si associa a un rischio cardiovascolare persistentemente più basso, indipendentemente da età , peso o origine etnica. I risultati assumono particolare rilevanza per la sanità pubblica, soprattutto nei Paesi con una bassa implementazione delle strategie preventive. In Germania, ad esempio, il rischio di morte cardiovascolare resta più elevato rispetto a molti altri Paesi europei, anche a causa di un ritardo nell'adozione di misure di prevenzione basate su evidenze scientifiche. Secondo gli autori, ancorare la remissione del prediabete come obiettivo primario nelle linee guida potrebbe rafforzare in modo sostanziale la prevenzione sia del diabete sia delle malattie cardiovascolari.



Tue, 16 Dec 2025 01:28:00 GMT
Salute
Le famiglie spendono sempre di più per la salute mentale dei minori

AGI - La salute mentale e comportamentale dei bambini e degli adolescenti rappresenta una quota crescente della spesa sanitaria negli Stati Uniti, arrivando a costituire il 40 per cento di tutte le spese sanitarie pediatriche nel 2022, quasi il doppio rispetto al 2011. È quanto emerge da uno studio condotto da ricercatori dell'University of California San Francisco e pubblicato sulla rivista JAMA Pediatrics, che analizza oltre un decennio di dati nazionali sulla spesa sanitaria per minori tra i 6 e i 17 anni.

Secondo l'analisi, tra il 2011 e il 2022 i costi legati a salute mentale, uso di sostanze e altri servizi di salute comportamentale sono cresciuti più del doppio rispetto alle altre voci di spesa medica. In particolare, la spesa diretta sostenuta dalle famiglie per questo tipo di cure è aumentata in media del 6,4 per cento l'anno, contro il 2,7 per cento annuo registrato per l'assistenza sanitaria non comportamentale.

Dati economici e impatto finanziario sulle famiglie

Nel 2022, la spesa complessiva per la salute comportamentale dei minori ha raggiunto i 41,8 miliardi di dollari. Di questi, circa 2,9 miliardi sono stati pagati direttamente dalle famiglie, rappresentando oltre un quarto di tutta la spesa sanitaria "out of pocket" per i bambini e gli adolescenti. Lo studio mostra che la presenza di almeno un figlio con bisogni di salute mentale o comportamentale aumenta in modo significativo il rischio di difficoltà economiche per il nucleo familiare.

I ricercatori stimano che le famiglie con almeno un bambino che necessita di cure di salute comportamentale abbiano una probabilità superiore del 60 per cento di affrontare un elevato carico finanziario e del 40 per cento di incorrere in un onere economico estremo, definito come una spesa sanitaria superiore al 10 per cento del reddito familiare. Un dato che evidenzia come l'aumento dei costi non sia solo un fenomeno macroeconomico, ma abbia effetti diretti e rilevanti sulla stabilità finanziaria delle famiglie.

Fattori che guidano l'aumento della spesa

Lo studio non è stato progettato per identificare in modo causale le ragioni dell'aumento della spesa, ma i dati suggeriscono una combinazione di fattori. Tra questi figurano una maggiore diffusione di problemi di salute mentale tra i giovani, in parte associata agli effetti della pandemia di COVID-19, l'aumento dei costi per singola prestazione e un ampliamento dell'accesso ai servizi, favorito da una riduzione dello stigma e dalla crescita di strutture di assistenza basate sulla comunità .

Cambiamenti nelle modalità di erogazione delle cure

L'analisi rileva inoltre cambiamenti significativi nelle modalità di erogazione delle cure. La spesa per i servizi di assistenza domiciliare è cresciuta in media del 25 per cento l'anno, mentre quella per le visite ambulatoriali in presenza dell'11 per cento. Tra il 2020 e il 2022, le visite di telemedicina sono aumentate del 99 per cento l'anno, indicando un cambiamento strutturale nell'organizzazione dell'assistenza alla salute mentale dei minori.



Sat, 13 Dec 2025 03:04:00 GMT
Salute
"Non usateli e basta", lo studio sul melanoma che boccia i lettini solari

AGI - Le persone che utilizzano regolarmente i lettini abbronzanti hanno un rischio quasi triplicato di sviluppare un melanoma, la forma più letale di tumore della pelle. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances, che per la prima volta identifica in modo diretto le mutazioni del DNA indotte dall` esposizione ai raggi ultravioletti artificiali.

La ricerca nasce anche dalla testimonianza di Heidi Tarr, oggi 49 anni, che nell` adolescenza frequentava il solarium più volte a settimana “per avere quella bella pelle scura e abbronzata” .

A 30 anni le fu diagnosticato un melanoma e negli anni successivi ha subito numerose biopsie. Quando la figlia quindicenne, influenzata dai video virali su TikTok, le ha chiesto come ottenere linee di abbronzatura, Tarr ha scelto di contribuire allo studio donando un campione della propria pelle.

I risultati dello studio 

Il team guidato dal dermatologo Pedram Gerami, della Northwestern University, ha confrontato i dati clinici di 3.000 utilizzatori di lettini abbronzanti con quelli di un gruppo di controllo della stessa età . Il melanoma è stato diagnosticato nel 5% dei frequentatori, contro il 2% del gruppo di confronto. Dopo aver corretto i dati per fattori di rischio come età , scottature e familiarità , il rischio stimato è risultato 2,9 volte superiore tra gli utilizzatori.

Le analisi genetiche 

Le analisi genetiche su 182 biopsie hanno inoltre rivelato che i melanociti – le cellule che originano nei melanomi – presentano quasi il doppio delle mutazioni nei soggetti esposti ai lettini abbronzanti. “Se una parte consistente della pelle è già danneggiata, basta poco per arrivare al melanoma” , ha spiegato Gerami. Secondo il coautore Bishal Tandukar, utenti tra i 30 e i 40 anni mostrano un carico di mutazioni superiore a quello di persone tra i 70 e gli 80 anni nella popolazione generale.

I rischi legati ai raggi ultravioletti 

Oltre l` 80% dei melanomi più comuni è collegato ai raggi ultravioletti, naturali o artificiali, ricorda l` Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc). Nel 2022 il melanoma ha causato quasi 60.000 decessi nel mondo. L` Iarc classifica i lettini abbronzanti nel livello di massimo rischio, insieme a fumo e amianto.

Diverse nazioni, come Australia e Brasile, ne vietano l` uso. Regno Unito e Francia lo proibiscono ai minori di 18 anni. Negli Stati Uniti le norme variano da stato a stato.

Gerami sostiene che “come minimo, dovrebbero essere vietati ai minori” , mentre cresce la preoccupazione per i contenuti sui social che promuovono l` abbronzatura artificiale tra gli adolescenti. “Per chi sta pensando di usare un lettino abbronzante, o per i genitori tentati di permetterlo ai propri figli, il mio consiglio è semplice: non usateli” , avverte Tarr.



Fri, 12 Dec 2025 12:38:10 GMT
Salute, Komposer
Febbre e raffreddore, già 4 milioni di italiani ko per l'influenza

AGI - L'influenza e in generale le infezioni respiratorie acute iniziano a colpire pesantemente, con un'incidenza in costante crescita e già 4 milioni di italiani messi ko da febbre e sintomi respiratori. L'incidenza in particolare, nella settimana dall'1 al 7 dicembre, è stata pari a 12,4 casi per 1.000 assistiti (vs 10,2 nel bollettino precedente), in aumento rispetto alla settimana precedente come atteso per il periodo.

Sono stati stimati circa 695mila nuovi casi, con un totale dall'inizio della sorveglianza di circa 4 milioni di casi. L'incidenza più elevata si osserva, come di consueto, nella fascia di età 0-4 anni, con circa 38 casi per 1.000 assistiti. Lo afferma il rapporto della sorveglianza RespiVirNet, pubblicato oggi dall'Istituto Superiore di Sanità .

Previsioni e misure di prevenzione

"Questa settimana si registra un aumento sostenuto dei casi di infezioni respiratorie acute registrati dalla sorveglianza RespiVirNet, in linea con l'andamento atteso per questo periodo dell'anno - spiega Anna Teresa Palamara, che dirige il dipartimento di Malattie Infettive dell'Iss -. Non è possibile prevedere esattamente quando si raggiungerà il picco di casi, che di solito si registra tra fine dicembre e fine gennaio, ma nelle prossime settimane è probabile che l'incidenza delle infezioni rimanga alta. Ricordiamo pertanto - aggiunge l'esperta - le principali misure di prevenzione: la vaccinazione, per cui si è ancora in tempo dal momento che il virus circolerà ancora per diverse settimane, una rigorosa igiene delle mani, il rispetto della cosiddetta 'etichetta respiratoria', ad esempio tossendo in un fazzoletto o nell'incavo del braccio, evitare i luoghi chiusi e affollati in presenza di sintomi".

 

 

Intensità regionale e tassi di positività

L'intensità è media in quattro regioni (Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Sardegna), è a livello basale in Umbria e Molise, mentre nelle altre è bassa. Nella settimana sia nella comunità che nel flusso ospedaliero si registra per influenza un alto tasso di positività (25.3% e 28.8% rispettivamente). Per quanto riguarda la comunità , tra i virus respiratori circolanti, i valori di positività più elevati sono stati rilevati rispettivamente per virus influenzali, per Rhinovirus e per Adenovirus. Nel flusso ospedaliero, tra i virus respiratori i tassi di positività più elevati sono stati rilevati per virus influenzali, Rhinovirus e virus Parainfluenzali.

Dati di laboratorio RespiVirNet e ceppi virali

Durante la settimana sono stati segnalati, attraverso il portale RespiVirNet, 2.714 campioni clinici ricevuti dai diversi laboratori afferenti alla rete RespiVirNet. Dalle analisi effettuate 781 (28,8%) sono risultati positivi al virus influenzale, in particolare 777 di tipo A (157 di sottotipo H1N1pdm09, 375 H3N2 e 245 A non ancora sottotipizzati) e 4 influenza B. Nell'ambito dei suddetti campioni analizzati, 89 (3,3%) sono risultati positivi per SARS-CoV-2, 58 per VRS e i rimanenti sono risultati positivi per altri virus respiratori: 283 (10,4%) Rhinovirus, 68 (2,5%) virus Parainfluenzali, 61 (2,2%) Adenovirus, 55 Coronavirus umani diversi da SARS-CoV-2, 19 Bocavirus e 10 Metapneumovirus. Ad oggi non è stato segnalato nessun campione positivo per influenza di tipo A "non sottotipizzabile" come influenza stagionale, che potrebbe essere indicativo della circolazione di ceppi aviari.

 



Fri, 05 Dec 2025 02:13:00 GMT
Salute
In Italia 600 infarti al giorno, il 50% senza un evento pregresso

AGI - Nel nostro Paese, ogni giorno, si registrano 600 infarti, la metà dei quali arriva senza un evento pregresso. A lanciare l'allarme sono gli specialisti della Società italiana di cardiologia (Sic), in apertura dell'86esimo congresso nazionale, in corso a Roma fino al 7 dicembre.

"La sfida per il futuro, sulla base degli studi attualmente in corso e delle nuove Linee guida europee sulle dislipidemie, è curare la progressione della malattia aterosclerotica, stabilizzando le placche, per impedire i primi infarti", spiega Pasquale Perrone Filardi, presidente Sic e direttore del dipartimento di Scienze biomediche avanzate dell'Università Federico II di Napoli. "Ogni giorno in Italia si verificano circa 600 attacchi cardiaci - continua - la metà dei quali si manifesta senza essere preceduto da un evento pregresso. Tale scenario potrebbe essere scongiurato dall'impiego tempestivo delle terapie più innovative associate alle statine".

Lo studio VESALIUS-CV e la prevenzione primaria

In questo ambito, lo studio VESALIUS-CV, pubblicato di recente sul New England Journal of Medicine, apre la strada alla prevenzione primaria di eventi cardiovascolari, un risultato destinato a cambiare le strategie di prevenzione a livello globale. Il trial multicentrico condotto in 36 Paesi, ha seguito per oltre 4 anni 12.300 pazienti che non avevano mai avuto prima un evento cardiovascolare, ed erano già in trattamento con statine, per valutare l'efficacia di evolocumab e il suo impatto sulla riduzione della mortalità . L'anticorpo monoclonale inibitore di PCSK9, evolocumab, in associazione alle statine o altre terapie, ha dimostrato di ridurre in modo significativo il rischio di infarto e ictus anche nei pazienti ad alto rischio.

Colesterolo LDL e inerzia terapeutica

"Il colesterolo cattivo alto - ha dichiarato Ciro Indolfi, professore straordinario di cardiologia all'Università di Cosenza e past-president Sic - rappresenta il fattore di rischio più rilevante per gli attacchi cardiaci, anche in chi non ha mai avuto un evento acuto ma ha un alto rischio perché non riesce ad abbassare livelli elevati di colesterolo con le statine, seppure ben tollerate".

"Purtroppo - commenta Gianfranco Sinagra, presidente eletto della Società italiana di cardiologia e direttore della Scuola di specializzazione e della Struttura complessa di Cardiologia dell'Università di Trieste - rimane dilagante un'inerzia terapeutica che ancora continuiamo a riscontrare nei pazienti e ciò viene confermato anche dai dati real-world dell'EuroAspire VI, un programma multicentrico della Società europea di cardiologia, che monitora l'aderenza alle linee guida nella prevenzione cardiovascolare".

I nuovi target e l'innovazione orale

Secondo le stime di questo lavoro, in effetti, solo il 16,8 per cento dei pazienti ad alto rischio raggiunge il livello soglia di 70 mg/dL del colesterolo LDL e soltanto l'8,0 per cento dei pazienti ad altissimo rischio, scende al di sotto del valore target di 55 mg/dL del colesterolo LDL. "I trial di fase 3 - dice Sinagra - rivela che il farmaco ha ridotto significativamente il colesterolo LDL di oltre il 50 per cento, con un'efficacia sovrapponibile a quella degli anticorpi monoclonali iniettivi e un profilo di sicurezza paragonabile al placebo, evidenziando il potenziale rivoluzionario del primo inibitore del PCSK9 orale".

"Questo farmaco - conclude Filardi - rappresenta un'opzione che mira a colmare i bisogni terapeutici di tutta quella maggioranza dei pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica che non riesce a ridurre il livello di colesterolo LDL alla soglia ideale per la propria condizione di rischio nonostante le terapie disponibili".



Thu, 04 Dec 2025 02:38:00 GMT
Salute
Perchè gli occhi delle donne si ammalano di più di quelli degli uomini

AGI - Dalla maculopatia degenerativa, alla retinopatia diabetica, ai fori maculari, fino alla cataratta, eccetto che per il distacco di retina, le donne hanno un rischio più alto di sviluppare malattie oculari, e in particolare retiniche, e quadri clinici più severi, con un tasso di cecità maggiore del 54%. A confermarlo, per la prima volta, uno studio osservazionale da poco pubblicato su Ophthalmology Science, la rivista dell'American Academy of Ophthalmology, e discusso in occasione del congresso internazionale FLORetina ICOOR in corso a Firenze fino al 7 dicembre.

Lo studio è basato sugli esami oculari di oltre 14,5 milioni di pazienti statunitensi, visitati nel 2018, di età compresa tra i 50 e i 99 anni, i cui dati sono stati raccolti nel database IRIS e confrontati con quelli demografici del censimento USA 2018, registrando il sesso dei pazienti. Confrontando i tassi di prevalenza della perdita visiva tra uomini e donne, lo studio – dichiara Stanislao Rizzo, presidente di FLORetina ICOOR – ha evidenziato che, per qualsiasi livello di deficit, da lieve a moderato o grave, fino alla cecità , e per ogni patologia oculare associata, eccetto che per il distacco retinico, le donne presentano una maggiore probabilità di perdita della vista rispetto agli uomini.

Dati di prevalenza e incidenza

Anche dopo aver corretto i dati tenendo conto dell'età , nelle donne il rischio di forme lievi e moderate di perdita della vista risulta di circa il 30% maggiore degli uomini. Il divario diventa ancora più ampio per la perdita visiva grave, con una frequenza nelle donne più alta del 35%. La differenza più marcata riguarda la cecità , che risulta del 54% più comune tra le donne. Il sesso femminile influenza non soltanto la prognosi delle principali malattie retiniche, ma soprattutto la loro incidenza. Le analisi hanno riscontrato che le donne, dopo la menopausa, hanno un rischio più alto del 32% di sviluppare degenerazione maculare e fori maculari, dell'8% di retinopatia diabetica, e del 10% di occlusioni vascolari retiniche. Le donne sono, invece, meno colpite (-30%) dalla perdita visiva legata al distacco di retina, spesso correlata a traumi.

Meccanismi e fattori di rischio

I meccanismi alla base di queste differenze si spiegano solo parzialmente con il fatto che le donne vivono più a lungo e fanno più spesso visite oculistiche. Le ragioni esatte di queste disparità non sono del tutto chiare, ma potrebbero essere associate a una combinazione tra variazioni ormonali, differenze anatomiche e nella risposta immunitaria. Giocano un ruolo importante gli estrogeni che, protettivi contro lo stress ossidativo dell'occhio, abbassandosi in menopausa, espongono le donne a un rischio più elevato di degenerazione maculare e retinopatia diabetica. Ormoni, gravidanza e contraccettivi influenzano anche le occlusioni venose retiniche, più frequenti nelle donne sotto i 55 anni.

Differenze anatomiche e proteiche

Contribuisce a influenzare le differenze di genere anche la diversa struttura anatomica della retina femminile e maschile. Un recente studio ha dimostrato che anche nei giovani adulti sani esistono differenze strutturali nella retina. Analizzando le scansioni con tecniche di machine learning, i ricercatori hanno scoperto che gli uomini hanno una retina interna più spessa, mentre le donne hanno valori più sottili. Le discrepanze di genere potrebbero essere anche associate alla diversa composizione proteica della retina. È stato riscontrato che esistono differenze tra i sessi nel proteoma oculare, individuando 21 proteine espresse in modo differente nella retina e 58 nell'epitelio pigmentato retinico, con conseguenze su attivazione, riparazione, morte e sopravvivenza cellulare.

Malattie autoimmuni e genere

Le donne presentano una maggiore incidenza anche di malattie autoimmuni. Ad esempio, le uveiti, causate da sarcoidosi, sclerosi multipla, lupus eritematoso, colpiscono nettamente di più le donne, perché hanno una risposta immunitaria più reattiva che aumenta il rischio di malattie autoimmuni oculari. Mentre le uveiti infettive e le forme associate sono più comuni negli uomini.



Wed, 03 Dec 2025 16:59:06 GMT
Salute
Il Festival di Sanremo rischia di saltare, cast decimato dall'influenza. Ma è uno spot

AGI- Sulle reti Rai e sui canali social parte una campagna di informazione sulle vaccinazioni antinfluenzali con uno spot istituzionale di Carlo Conti. L'iniziativa è stata presentata al Ministero della Salute alla presenza del ministro Orazio Schillaci e dello stesso direttore artistico e conduttore di Sanremo, testimonial dei vaccini. "Io mi sono vaccinato e spero che lo spot sia uno stimolo", ha dichiarato Conti, a cui è stata consegnata la targa di Ambasciatore della Salute. "Avendo superato da poco i 60 anni mi sono sentito leggermente coinvolto", ha scherzato, "è una cosa estremamente importante se la mia faccia aiuterà a vaccinare soprattutto i fragili".

Schillaci ha sottolineato l'importanza della campagna e ha ringraziato Conti per la sua disponibilità dopo quella per le campagne sull'emergenza caldo. "Vogliamo mandare un messaggio forte: l'importanza della vaccinazione contro l'influenza per categorie a rischio come gli anziani e le persone fragili", ha spiegato il ministro. "È un importante strumento di sanità pubblica, aiuta a proteggersi dal picco di influenza previsto nel periodo natalizio".

Offerta vaccinale e categorie a rischio

L'offerta vaccinale, sottolinea il Ministero della Salute, è diretta principalmente alle persone vulnerabili affette da patologie preesistenti, che predispongono a un maggiore rischio di complicanze in caso di infezione influenzale. L'offerta è rivolta anche alle persone con più di 60 anni di età , per le quali tale rischio risulta significativamente aumentato. Il target prioritario della campagna è rappresentato dalla popolazione over 60 e dalle persone fragili.

Carlo Conti ambasciatore della salute e obiettivi della campagna

Come testimonial è stato scelto Carlo Conti, riconosciuto quale "Ambasciatore della salute" dal Ministro Orazio Schillaci, in considerazione del suo costante impegno gratuito nella diffusione della cultura della salute. Le principali raccomandazioni per la prevenzione e il controllo dell'influenza stagionale sono contenute nella Circolare ministeriale Prevenzione e controllo dell'influenza - stagione 2025-2026.

CARLO CONTI E IL FESTIVAL DI SANREMO DESERTO... CAUSA INFLUENZA

Gli obiettivi della campagna sono: promuovere la vaccinazione antinfluenzale, come forma di prevenzione, in particolare negli over 60 e nei soggetti fragili; mettere in evidenza i benefici collettivi e individuali della vaccinazione; informare la popolazione sull'importanza di rivolgersi sempre al proprio medico per indicazioni ed eventualmente prenotare la data della vaccinazione. La campagna di comunicazione intende focalizzarsi soprattutto sulle persone over 60 e i soggetti fragili, in quanto categorie particolarmente a rischio di complicanze.

Diffusione dello spot e regole comportamentali

La campagna di comunicazione punta a promuovere, come forma di prevenzione, anche l'adozione di alcune semplici regole comportamentali, riassunte in un decalogo. Sul sito www.salute.gov.it è possibile consultare l'elenco delle categorie destinatarie dell'offerta gratuita. Gli spot, sia televisivo che radiofonico, sono veicolati sui principali canali del palinsesto Rai, grazie alla collaborazione del Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria. È prevista, inoltre, una declinazione dello spot tv per la diffusione sui canali digitali web e i social media.

 



Tue, 02 Dec 2025 05:09:00 GMT
Salute
Speranze per remissione virus HIV dopo trapianto staminali da donatore eterozigote

AGI - Un uomo di 60 anni residente in Germania ha raggiunto una remissione duratura dell'HIV-1 dopo un trapianto di cellule staminali contenenti una sola copia della variante CCR5 ?32, secondo quanto riportato in uno studio pubblicato su Nature. Il caso amplia significativamente il potenziale bacino di donatori idonei, poiché fino ad oggi le remissioni note erano associate quasi esclusivamente a donatori omozigoti per la mutazione, completamente resistenti all'ingresso virale.

Il paziente, diagnosticato con HIV nel 2009 e affetto da leucemia mieloide acuta nel 2015, aveva necessità di un trapianto allogenico per il trattamento del tumore. Non essendo disponibile un donatore omozigote per CCR5 ?32, è stato selezionato un donatore eterozigote. Tre anni dopo il trapianto è stata sospesa la terapia antiretrovirale (ART): sei anni più tardi non è stata rilevata alcuna traccia di replicazione virale.

Nuove prospettive sulla remissione dell'HIV

Gli autori guidati da Christian Gaebler evidenziano che il risultato conferma come l'assenza totale del recettore CCR5 non sia una condizione indispensabile per ottenere la remissione dell'HIV. Ciò suggerisce l'esistenza di meccanismi aggiuntivi, legati all'immunità innata, alla ricostituzione immunologica post-trapianto o a fenomeni di competizione cellulare, che possono contribuire alla clearance virale.

Studi paralleli e biomarcatori per l'immunoterapia

In parallelo, due studi indipendenti pubblicati sulla stessa rivista hanno analizzato caratteristiche immunitarie di individui che hanno mostrato controllo del virus dopo immunoterapia combinata. Entrambi i lavori, condotti da Steven Deeks e da David Collins, individuano tratti dei linfociti T associati a una ripresa ritardata della viremia, suggerendo biomarcatori utili per future strategie terapeutiche. Secondo gli autori, questi risultati contribuiscono a ridefinire il concetto di remissione dell'HIV e a espandere il potenziale numero di donatori idonei per trapianti destinati a pazienti con comorbilità oncologiche. Ulteriori ricerche saranno necessarie per comprendere appieno i meccanismi che sottendono l'eradicazione virale e per valutare la replicabilità del risultato in popolazioni più ampie.

 



Sat, 29 Nov 2025 10:00:26 GMT
Salute
Dimagrire dopo i 40 anni: attenzione ai danni al cervello

AGI - Ridurre il girovita e i rischi cardiovascolari è fondamentale, ma dimagrire dopo i 40 anni può anche provocare danni al cervello. A sostenerlo è uno studio condotto dall'università israeliana Ben-Gurion, come riportato dal Times of Israel.

Gli scienziati hanno condotto esperimenti su cavie di mezza età , prima costrette a diventare obese e poi fatte dimagrire. Sebbene la perdita di peso abbia abbassato la glicemia, ha anche causato una infiammazione nell'ipotalamo, una regione cerebrale cruciale che regola l'appetito e l'equilibrio energetico. Alterazioni di questo tipo sono collegate al declino cognitivo e a malattie neurodegenerative come l'Alzheimer.

L'impatto della perdita di peso sul cervello di mezza età

“La perdita di peso rimane essenziale per ripristinare la salute metabolica nell` obesità , ma dobbiamo capire l` impatto della perdita di peso sul cervello di mezza età e garantire che la sua salute non sia compromessa” , ha spiegato il professor Assaf Rudich, che ha supervisionato lo studio condotto da Allon Zemer e Alexandra Tsitrina e apparso di recente sulla rivista Gero-Science. Il professore ha sottolineato che i risultati evidenziano la necessità di "assicurarci di non accendere una risposta infiammatoria indesiderata nel cervello durante la fase attiva di perdita di peso".

Neuroinfiammazione della microglia nei ratti anziani

Le ricerche precedenti si erano concentrate sugli effetti della perdita di peso nei topi giovani. In questo nuovo studio, gli scienziati dell'università del Negev hanno osservato topi di età equivalente a 40 anni umani. Dopo averli indotti a raddoppiare di peso, li hanno messi a dieta. I ratti più anziani hanno perso quasi il 60% del peso in eccesso, ma l'analisi del loro cervello ha rivelato una neuroinfiammazione della microglia. La microglia è composta dalle cellule immunitarie del cervello che regolano lo sviluppo cerebrale e le reti neuronali. "È qualcosa che si verifica nella mezza età , ma non è evidente nei topi giovani adulti", ha riferito Allon Zemer.

Cautela e prospettive future della ricerca

La ricerca non è considerata definitiva. Il team ha già avviato un nuovo studio per esaminare diverse aree dell'ipotalamo e comprendere quali processi cellulari possono o non possono essere invertiti, come anticipato da Zemer. Anche Amir Tirosh, del centro di ricerca sull'endocrinologia e il diabete dello Sheba Medical Center (non coinvolto negli esperimenti), ha avvertito che uno studio sui topi non è sufficiente per trarre conclusioni certe sugli esseri umani. "Avremo bisogno di ulteriori studi per comprendere gli effetti a lungo termine di questa infiammazione cerebrale" sugli esseri umani, ha chiarito.



Wed, 26 Nov 2025 09:38:17 GMT
Salute
Influenza aviaria: cos'è , quali sintomi e come si cura

AGI - L'influenza aviaria torna a preoccupare l'Europa e l'Italia. Nell'ultimo mese una serie di focolai sono stati identificati tra Friuli Venezia Giulia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Lombardia. E nelle scorse ore, Hong Kong ha emesso un divieto immediato all'importazione di carne di pollame, prodotti avicoli e uova dal nostro Paese, oltre che da Portogallo, Polonia, Italia, Belgio, Irlanda e Regno Unito. Ma c'è davvero da allarmarsi? Come si cura? Ecco tutte le domande e le risposte dell'Istituto Superiore di Sanità . 

Che cos'è l'influenza aviaria?

L'influenza aviaria è un'infezione provocata da virus influenzali di tipo A, che può colpire diverse specie aviarie, sia domestiche che selvatiche.
Oltre agli uccelli selvatici, che fungono da serbatoio del virus, quali altre specie animali possono essere contagiate? E attraverso quali modalità ?
Gli uccelli domestici, in particolare alcune specie di interesse zootecnico, quali polli, tacchini, anatre, quaglie, etc, risultano tra i volatili più frequentemente colpiti. Inoltre l'influenza aviaria può infettare sporadicamente varie specie di mammiferi tra cui suini, equini, balene, foche, tigri e l'uomo. Il virus si replica nel tratto respiratorio e in quello intestinale e viene eliminato attraverso le secrezioni respiratorie e le feci. L'infezione si trasmette attraverso il contatto con questi materiali, la loro inalazione o anche con acqua contaminata dalle feci degli animali infetti.

Come si manifesta l'influenza aviaria negli animali?

Il quadro clinico varia in relazione alla specie animale colpita e al sottotipo virale responsabile dell'infezione. Negli uccelli selvatici l'infezione è di solito asintomatica. Negli uccelli domestici, i sottotipi virali H5 ed H7 nelle forme ad alta patogenicità (HP) possono causare epidemie (epizoozie) devastanti ad elevata mortalità .

Come può infettarsi l'uomo?

Il passaggio all'uomo di virus influenzali aviari è un evento raro e difficilmente seguito da efficiente trasmissione interumana (solo un caso probabile finora). Tutti gli episodi di contagio umano finora segnalati, si riferiscono a soggetti che avevano avuto contatti diretti e stretti con animali infetti, in ambienti con elevata concentrazione dell'agente infettivo.

Quali sono i sintomi di questa influenza nell'uomo?

L'infezione da virus influenzale H5N1 provoca nell'uomo un quadro clinico variabile, da una lieve sindrome simil-influenzale a patologie più gravi, quali difficoltà respiratorie, polmoniti, con complicanze anche mortali. La mortalità nei casi gravi è elevata (attorno all'80%). Le infezioni da virus H7 sono in genere associate a infezioni oculari (congiuntivite).

Esistono farmaci e terapie efficaci?

I farmaci antivirali più efficaci per il trattamento e la prevenzione dell'influenza aviaria nell'uomo appartengono alla classe dei cosiddetti "inibitori della neuraminidasi": zanamivir e oseltamivir, ambedue registrati in Italia, anche se poco commercializzati. Questi farmaci sono stati utilmente impiegati nel prevenire l'infezione in operatori professionalmente esposti al rischio di infezione nell'episodio di influenza aviaria verificatosi nei Paesi Bassi nel 2003 e causati dal virus del sottotipo H7; essi risultano anche efficaci nei confronti dei virus del sottotipo H5.

Altri farmaci attivi nei confronti di virus influenzali appartenenti al tipo A, sono i cosiddetti "inibitori della M2": amantadina e rimantadina. Di questi solo la prima è commercializzata in Italia. E' stato visto che i virus H5N1, causa dei recenti episodi di infezione umana nel Vietnam e in altri Paesi del Sud Est Asiatico, risultano resistenti a questa classe di farmaci antivirali. Nel complesso, i farmaci antivirali sono un utile presidio terapeutico ma non possono costituire né l'unico né il fondamentale elemento di contrasto di una pandemia influenzale.

A che punto è la ricerca di un vaccino contro il virus dell'influenza aviaria?

Attualmente, i WHO collaborative Centres and reference Laboratories, hanno sviluppato diversi ceppi vaccinali prototipi H5N1, mediante la tecnologia della reverse genetics. Questi ceppi sono conformi ai requisiti di varie agenzie preposte al rilascio di prodotti farmaceutici per la produzione di vaccini antinfluenzali. Alcune di essi sono già stati messi in produzione da alcune ditte vaccinogene.

Quali precauzioni occorre adottare nel consumo di carni avicole e di uova?

Non esistono ad oggi evidenze epidemiologiche o di laboratorio che possano dimostrare la trasmissione dell'infezione attraverso consumo alimentare di carni avicole e di uova. Il virus aviario è sensibile all'azione del calore (almeno 70°C) e viene completamente distrutto durante le procedure di cottura degli alimenti.

Quali le precauzioni da prendere se si vuole fare un viaggio in un Paese asiatico?

Al momento attuale non vi sono restrizioni per l'effettuazione di viaggi. Qualora ci si rechi nei Paesi interessati, si raccomanda di evitare le zone rurali e i mercati dove vengono commercializzati animali vivi, di evitare il contatto con animali e di rispettare le norme di igiene personale, in particolare il lavaggio frequente delle mani con acqua e sapone.

Quanto è concreta la possibilità di una pandemia di influenza aviaria?

I virus influenzali aviari, per le loro caratteristiche antigeniche, patogenetiche, tropismo tissutale e specificità d'ospite, sono scarsamente capaci di replicarsi nell'uomo. Tuttavia, eventuali episodi di contemporanea infezione da parte di virus aviari e umani potrebbero dare origine a ibridi virali (riassortimento genetico) in grado di diffondersi nella popolazione in maniera efficiente e stabile, dando origine a gravi pandemie influenzali. La maggiore frequenza di infezioni umane da virus aviari negli ultimi anni, come pure la maggiore diversificazione d'ospite di tali virus, costituiscono elementi che fanno pensare ad una maggiore possibilità di una pandemia di influenza .

Quali condizioni devono verificarsi per una pandemia di influenza aviaria? Queste condizioni si sono già verificate?

Sono tre le condizioni che devono verificarsi per la pandemia. La prima è che emerga un sottotipo di virus influenzale contro il quale la popolazione mondiale abbia poca o nessun livello di immunità protettiva. La seconda è che questo nuovo ceppo sia capace di replicarsi attivamente nell'uomo. La terza è che questo virus si trasmetta efficientemente da uomo ad uomo. Le prime due condizioni si sono già verificate, anche se solo in alcuni Paesi del Sud-Est asiatico con il virus H5N1. La terza, verosimilmente la più difficile, non si è ancora verificata, e richiede una serie di complessi riassorbimenti genetici fra il virus influenzale aviario e quello umano.

Molti temono una pandemia influenzale simile alla famosa "spagnola" del 1918. E' un timore fondato?

Il contesto in cui oggi può verificarsi una pandemia è radicalmente diverso da allora. Oggi siamo in possesso di efficaci armi di controllo e monitoraggio, in una situazione di cooperazione internazionale che, come dimostrato nel caso della SARS, può portare alla rapida identificazione del virus e all'approntamento di tutto quanto è necessario per arrestare la diffusione della malattia. Per quanto virulento e trasmissibile possa essere un ipotetico nuovo virus, non è pensabile che esso possa provocare le "stragi" della spagnola (circa 50 milioni di morti complessive, con un quarto-un terzo dell'intera popolazione affetta in alcuni Paesi) per i seguenti motivi: all'epoca della spagnola, non si sapeva nemmeno che esistessero i virus influenzali e non si poteva fare rapida diagnosi seguita almeno da isolamento e quarantena; non esistevano vaccini e sostanze antivirali disponibili; i sistemi sanitari erano inefficienti e poco sviluppati; non esistevano antibiotici per cui molti ammalati di influenza in realtà morivano di complicanze respiratorie batteriche; era tempo di guerra mondiale e non esisteva un'Organizzazione Internazionale che potesse coordinare le operazioni di controllo della pandemia a livello mondiale. Ovviamente una pandemia di influenza aviaria che si verificasse ora avrebbe elevati costi sanitari, sociali ed in termini di mortalità dovuti soprattutto al fatto che non sarà immediatamente disponibile un vaccino.
 

 



Wed, 26 Nov 2025 03:10:00 GMT
Salute
L'intelligenza artificiale applicata ai pazienti con tumore al fegato

AGI - Importante riconoscimento internazionale per il Policlinico "Paolo Giaccone" di Palermo, questa volta nel campo dell'intelligenza artificiale applicata alla medicinaCiro Celsa, ricercatore della unità operativa complessa di Gastroenterologia ed Epatologia dell'Azienda ospedaliera universitaria, ha ricevuto un Merit Award durante l'ultimo congresso Esmo (European Society for Medical Oncology) su intelligenza artificiale e oncologia digitale, uno degli eventi più prestigiosi al mondo nel campo dell'oncologia medica.

Lo studio 

Il premio, assegnato ai lavori scientifici più  innovativi e promettenti, celebra uno studio pionieristico che dimostra come l'intelligenza artificiale possa trasformare la gestione dei pazienti affetti da epatocarcinoma, il tumore primitivo del fegato più comune.

"Questo riconoscimento internazionale conferma la validità della nostra visione strategica - sottolinea Calogero Cammà , direttore dell'Unità operativa di Gastroenterologia ed Epatologia e responsabile della Cabina di Regia per l'Intelligenza Artificiale dell'Università di Palermo - stiamo investendo con convinzione sull'AI applicata a diversi ambiti sanitari, dalla diagnostica alla gestione clinica, dalla ricerca alla formazione. Il nostro obiettivo è fare dell'Università di Palermo un punto di riferimento nazionale e internazionale in questo settore strategico".

Il riconoscimento Esmo si aggiunge a un altro importante successo recente: il Dottor Celsa ha infatti ottenuto un finanziamento Eurostart per sviluppare progetti innovativi di intelligenza artificiale multimodale applicata ai tumori del fegato, confermando ulteriormente la capacità della ricerca palermitana di competere ai massimi livelli europei sia in termini di eccellenza scientifica che di capacità di attrarre fondi competitivi internazionali.

"L'intelligenza artificiale non sostituirà mai il giudizio clinico del medico - precisa Celsa - ma può diventare un alleato prezioso per gestire la crescente complessità della medicina moderna, aiutandoci a prendere decisioni più informate e a dedicare più tempo e attenzione ai pazienti che ne hanno maggiormente bisogno".

La direttrice generale del Policlinico Maria Grazia Furnari afferma: "Questi successi sono motivo di grande orgoglio e confermano la vocazione dell` Aoup e dell` Università di Palermo all'eccellenza nella ricerca, nell'innovazione e nell` assistenza. In un momento storico in cui l'intelligenza artificiale sta trasformando ogni settore della società , il fatto che l` Azienda ospedaliera universitaria competa ai massimi livelli internazionali in un campo così strategico è un segnale importante delle potenzialità  e delle eccellenze che il nostro territorio può esprimere quando si incontrano investimenticompetenze e visione strategica. Questo premio comprova la vocazione e la fama internazionale in campo epatologico del Policlinico di Palermo, in coerenza con la presenza al suo interno di una “liver unit” in forte espansione” .

L'Ia per supportare il processo decisionale terapeutico 

Celsa e il suo team hanno sviluppato un sistema basato su Large Language Models (Llm) – la stessa tecnologia alla base dei più moderni sistemi di intelligenza artificiale – in grado di analizzare la documentazione clinica dei pazienti e supportare i medici nel processo decisionale terapeutico. Il sistema sviluppato dall'é quipe palermitana, testato su quasi 500 valutazioni cliniche di oltre 400 pazienti, ha dimostrato un'accuratezza straordinaria nel predire le decisioni terapeutiche e nell'identificare i pazienti che necessitano realmente di una discussione collegiale. Questo strumento potrebbe rappresentare un supporto prezioso per ottimizzare l'organizzazione delle risorse sanitarie, garantendo che i casi più complessi ricevano l'attenzione multidisciplinare necessaria, senza sovraccaricare il sistema con discussioni non necessarie.

Collaborazione internazionale 

Il progetto ha visto una collaborazione internazionale con l'Università di Yale, una delle istituzioni accademiche più prestigiose al mondo. L'é quipe palermitana sta già lavorando all'espansione e al perfezionamento del sistema, con l'obiettivo di estenderne l'applicazione ad altri ambiti della gastroenterologia ed epatologia e di validarlo in studi multicentrici internazionali.



Tue, 25 Nov 2025 10:45:56 GMT
Salute
Una settimana di detox dai social riduce ansia e insonnia

AGI - Ridurre in modo mirato l'uso dei social media per una sola settimana può essere associato a un calo misurabile dei sintomi di ansia, depressione e insonnia nei giovani adulti. È quanto emerge da uno studio di coorte pubblicato su JAMA Network Open e guidato da Elombe Calvert, che ha coinvolto 373 partecipanti di età compresa tra 18 e 24 anni negli Stati Uniti. La ricerca combina monitoraggio digitale passivo tramite smartphone, questionari standardizzati e una social media detox volontaria su cinque piattaforme, offrendo una delle analisi più strutturate finora disponibili sul legame tra uso dei social e salute mentale in questa fascia di età . Il protocollo prevedeva due settimane di osservazione iniziale, durante le quali i partecipanti hanno autorizzato la raccolta di dati oggettivi da sensori del telefono e hanno compilato valutazioni quotidiane sul proprio stato emotivo e di funzionamento. Al termine di questa fase, 295 persone, pari a circa il 79 per cento del campione, hanno scelto di aderire a una settimana di riduzione dell'uso di Facebook, Instagram, Snapchat, TikTok e X, mantenendo in parallelo il monitoraggio digitale e i questionari clinici.

L'adesione e la scelta di partecipare alla detox non hanno mostrato differenze sostanziali in termini di caratteristiche demografiche o livelli di sintomi di partenza rispetto a chi ha scelto di non partecipare. I risultati indicano che la detox è stata associata a un calo medio del 16,1 per cento dei punteggi di ansia, del 24,8 per cento di quelli di depressione e del 14,5 per cento di quelli di insonnia, misurati con scale cliniche validate come il GAD 7, il PHQ 9 e l'Insomnia Severity Index. In media, i giovani partivano da livelli sintomatologici classificati come minimi o lievi, ma la riduzione durante la settimana di astensione è stata statisticamente robusta. Invece, i punteggi di solitudine non hanno mostrato variazioni significative, suggerendo che una breve pausa dai social non modifica necessariamente la percezione di isolamento sociale nel breve periodo.

Metodologia e risultati chiave

Lo studio ha confrontato anche misure oggettive di utilizzo dei social media con indicatori soggettivi di uso problematico, trovando che la qualità dell'engagement e l'uso compulsivo sono più strettamente legati alla sintomatologia rispetto al solo numero di minuti trascorsi sulle piattaforme. I ricercatori hanno utilizzato la digital phenotyping, una metodologia che combina dati di mobilità , uso dello schermo, pattern di comunicazione e autovalutazioni in tempo reale, per descrivere in modo dettagliato il comportamento digitale durante il periodo di osservazione e la settimana di detox. Durante la settimana di riduzione dell'uso dei social, il tempo di schermo dedicato alle cinque piattaforme è diminuito in modo marcato.

Benefici e cambiamenti comportamentali

Gli altri cambiamenti comportamentali osservati sono stati modesti. Sono emersi soltanto aumenti limitati del tempo trascorso a casa e della durata complessiva di utilizzo dello schermo, con un'ampia variabilità individuale. Non sono state rilevate variazioni sostanziali in altri parametri di mobilità o nelle misure ecologiche di umore giornaliero. Questo indica che il beneficio sui sintomi potrebbe non dipendere da cambiamenti macroscopici di stile di vita facilmente osservabili, ma da una riduzione mirata dell'esposizione e dell'interazione con i social. Gli autori sottolineano che il lavoro non dimostra una relazione causale definitiva e che la durata dei benefici osservati resta da definire.

Limiti dello studio e implicazioni future

Il campione è composto prevalentemente da studenti universitari con livelli sintomatologici medi bassi, e ciò limita la generalizzabilità dei risultati a popolazioni cliniche o a contesti socioeconomici diversi. Inoltre, il fatto che la partecipazione alla detox fosse volontaria può aver selezionato persone già motivate a modificare il proprio comportamento digitale. Nonostante questi limiti, gli autori osservano che la combinazione di dati oggettivi di utilizzo, misure di uso problematico e valutazioni standardizzate di salute mentale rappresenta un avanzamento metodologico rispetto agli studi basati soltanto su autovalutazioni di tempo di schermo. Il lavoro suggerisce che interventi brevi, strutturati e facilmente implementabili, come una settimana di riduzione guidata dei social media, potrebbero diventare strumenti complementari nelle strategie di promozione della salute mentale per giovani adulti, in particolare nei contesti universitari e nei servizi di base.



Tue, 25 Nov 2025 00:14:00 GMT
Salute
In Italia aumentano i working poor, quelli che lavorano ma non hanno una vita dignitosa

AGI - In Italia, la povertà ha cambiato volto. Non riguarda più solo chi è senza lavoro, ma anche chi un impiego ce l'ha: sono i cosiddetti "working poor", lavoratori che, pur avendo un reddito, non riescono a condurre una vita dignitosa. Secondo i dati Eurostat 2024, in Italia oltre 1 lavoratore su 10 è a rischio povertà : un dato in aumento rispetto al 2023 e superiore alla media europea, che colloca il Paese all'ottavo posto tra quelli più colpiti dal fenomeno. A confermare la tendenza anche l'Osservatorio di Antoniano sulla povertà in Italia: nel 2025, le persone con un'occupazione che si sono rivolte alla rete di Operazione Pane sono aumentate del 4% rispetto al 2024. Nata nel 2014 per sostenere le mense e le realtà francescane in Italia e nel mondo, Operazione Pane è oggi una rete solidale capace di offrire aiuto concreto e di raccontare, attraverso un'analisi interna, l'evoluzione della povertà nel Paese. Con la diffusione dei dati 2025, Antoniano rinnova il proprio impegno nel dare voce a chi vive in condizioni di fragilità e nel promuovere una riflessione collettiva su un tema che colpisce capillarmente in tutto il Paese. 

Lungo lo Stivale, la povertà ha oggi il volto di chi lavora ma non riesce a vivere con dignità , di chi ha una casa ma non un reddito stabile. Secondo i dati 2025 dell'Osservatorio sulla povertà in Italia di Antoniano: tra i 6.696 singoli assistiti da Operazione Pane, 765 rientrano tra i "working poor", segno di un sistema in cui il lavoro non è più garanzia di sicurezza.

Il primato spetta al Veneto (39% del totale nazionale), dove il numero di persone occupate che si rivolgono alla rete di mense francescane è aumentato del 58% rispetto al 2024.In questo scenario, si assiste a un ulteriore cambiamento: se nel 2024 oltre il 50% delle persone che si rivolgevano a Operazione Pane era senza dimora, nel 2025 questa quota è scesa al 25%. La povertà , dunque, non coincide più necessariamente con l'assenza di una casa, ma con la mancanza di stabilità . Nel complesso, Antoniano registra un aumento del 14% di persone che hanno chiesto aiuto rispetto al 2024, con un incremento della presenza di giovani tra i 18 e i 30 anni (+1%) e di over 60 (+8%). Elevata anche la percentuale di cittadini italiani, che rappresentano il 20%.

In difficoltà i nuclei numerosi

Nel 2025, mentre il fenomeno dei "working poor" racconta la nuova fragilità individuale, si registra anche un cambiamento importante nel quadro delle famiglie. Grazie a nuove misure di sostegno locale, diminuiscono i nuclei familiari che si rivolgono a Operazione Pane (-12%), ma quelli che chiedono aiuto oggi sono più numerosi: in media, si registrano 4 componenti (contro i 3 dello scorso anno) e 3 figli (contro i 2 del 2024) per famiglia. Cresce inoltre del 7% il numero delle famiglie italiane. In questo contesto, la situazione è particolarmente complessa in Campania: la regione concentra il 29% dei nuclei familiari assistiti a livello nazionale (il valore più alto in assoluto) e la maggiore incidenza di famiglie monogenitoriali (37%) e di minori coinvolti (17%). Ancora più rilevante è il dato sulle famiglie italiane: il 43% del totale nazionale vive proprio in Campania.

Più pasti nelle mense francescane

In un contesto economico sempre più fragile, il sostegno alimentare offerto dalle mense francescane continua a rappresentare un punto di riferimento per chi vive una situazione di difficoltà . Nel 2025, la rete di Operazione Pane ha garantito in media 2.170 pasti al giorno (+7% rispetto all'anno precedente), un aumento che si riflette anche sul lungo periodo: tra il 2023 e il 2025 il numero di pasti mensili distribuiti ha registrato un incremento complessivo del 36%.

"Non dobbiamo mai dimenticare che dietro ogni numero c'è una persona", commenta Fra Giampaolo Cavalli, direttore dell'Antoniano. "La povertà oggi ci sfida a superare i pregiudizi e ad avvicinarci a chi vive in situazioni di povertà con una nuova consapevolezza. Il nostro impegno, sostenuto da migliaia di donatori e volontari, non si limita a offrire un pasto o un aiuto materiale. Il nostro obiettivo è ricostruire relazioni, offrire spazi di comunità per ridare speranza a chi l'ha persa. I dati ci mostrano una strada complicata, ma ogni pasto servito, ogni famiglia supportata e ogni persona incontrata sono la prova che un futuro insieme è possibile. Operazione Pane è una piccola, concreta risposta al bisogno di tanti, ma sono convinto che è solamente il contributo di ciascuno a fare la differenza e a rendere possibile un'esistenza più giusta per tutti, perché  ogni uomo e ogni donna è una risorsa".



Mon, 24 Nov 2025 13:09:47 GMT
Salute
Studio Humanitas - Cnr Pisa: allenare il cervello rallenta il declino cognitivo

AGI - Combinare movimento fisico, stimolazione cognitiva e coltivare relazioni sociali può avere un impatto significativo sulla salute del cervello che invecchia. Un recente studio italiano pubblicato sulla rivista Brain, Behavior & Immunity – Health ha dimostrato che un intervento multidimensionale denominato “Train the Brain” è in grado di migliorare le funzioni cognitive in soggetti con lieve declino cognitivo (Mild Cognitive Impairment, MCI) e di modulare la risposta infiammatoria del sistema immunitario, con effetti misurabili attraverso un prelievo del sangue.

La ricerca, guidata dall` IRCCS Istituto Clinico Humanitas e dall` Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-In) con la collaborazione dell` Istituto di fisiologia clinica del Cnr (Cnr-Ifc), della Fondazione Stella Maris e della Clinica Neurologica della AOUP, si inserisce nel crescente filone di studi che riconosce l` infiammazione cronica come uno dei principali processi biologici associati all` invecchiamento e allo sviluppo di patologie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer, in un fenomeno noto come inflammaging.

Se è vero che tutti gli individui sperimentano un fisiologico declino delle funzioni cognitive con l'invecchiamento, esiste una specifica sottopopolazione in cui questi cambiamenti sono più marcati e misurabili: i soggetti con diagnosi MCI. Queste persone non solo presentano un deterioramento cognitivo superiore a quello atteso per la loro età , ma hanno anche un alto rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer. Per questo motivo, sono i destinatari d'elezione di strategie mirate a prevenire o ritardare la progressione del loro quadro clinico. 


Negli individui affetti da MCI si osservano frequentemente livelli aumentati di citochine pro-infiammatorie. Queste molecole, che agiscono come messaggeri chiave del sistema immunitario, quando presenti in eccesso nel sistema nervoso, possono avere effetti deleteri, compromettendo la funzionalità neuronale, riducendo la plasticità sinaptica e favorendo così meccanismi di neurodegenerazione.
La ricerca è stata finanziata da Fondazione Pisa e Fondazione Cariplo.


Il programma “Train the Brain” : un intervento multidimensionale corpo-mente

Per contrastare efficacemente tali processi, i ricercatori dell` Istituto di Neuroscienze del CNR (IN-CNR) di Pisa hanno sviluppato il programma “Train the Brain” , che si svolge all` interno della Palestra della Mente presso l` Area della Ricerca del CNR di Pisa, un luogo interamente dedicato agli studi volti a contrastare l` invecchiamento cerebrale Il programma si basa su un approccio integrato e multidimensionale per la salute del cervello, combinando attività fisica per promuovere la salute vascolare e metabolica, esercizi di stimolazione cognitiva per mantenere e migliorare le funzioni cerebrali, e interazioni sociali in un ambiente dedicato per contrastare l'isolamento e favorire il benessere emotivo. L` obiettivo è agire simultaneamente su più dimensioni dell` invecchiamento per promuovere la salute cerebrale in persone a rischio.

"I primi studi sul programma “Train the Brain” hanno mostrato risultati molto promettenti in termini di miglioramento delle capacità cognitive (in particolare nelle funzioni di memoria e attenzione) e di modificazioni strutturali cerebrali rilevate tramite risonanza magnetica, tra cui un miglioramento nella perfusione ematica cerebrale e una maggiore conservazione del volume della sostanza grigia in aree corticali implicate nelle funzioni esecutive", afferma il prof. Alessandro Sale, Dirigente di Ricerca e group leader del Cnr-In di Pisa.

"Inoltre – continua Sale –, gli effetti benefici dell` allenamento perdurano nel tempo e non sembrano essere condizionati da fattori come il genere, l` età e il tasso di scolarità , anche se il miglioramento appare più marcato nelle donne e nei soggetti con minor grado di istruzione". 


Tuttavia, la comprensione dei meccanismi che hanno portato a questi cambiamenti era ancora limitata. Per gettare luce sulle basi molecolari dei benefici di programmi come “Train the Brain” , i ricercatori dell` IRCCS Istituto Clinico Humanitas, guidati dalla prof.ssa Michela Matteoli, direttrice del Programma di Neuroscienze di Humanitas, hanno rivolto l` attenzione al ruolo del sistema immunitario. Lo studio ha coinvolto 76 persone con diagnosi di MCI, suddivise in due gruppi: uno sperimentale, che ha seguito il programma multidimensionale della durata di 7 mesi, e un gruppo di controllo, che ha ricevuto unicamente un supporto informativo. A inizio e fine dell` intervento, i partecipanti sono stati sottoposti a valutazioni cognitive, risonanza magnetica cerebrale e analisi del sangue per quantificare i livelli di citochine pro e anti-infiammatorie.

"I risultati hanno evidenziato, nel gruppo “Train the Brain” , una riduzione significativa dei livelli plasmatici di molecole associate a infiammazione sistemica e declino cognitivo, come IL-6, IL-17A, TNF-a e CCL11 – prosegue Michela Matteoli –. Parallelamente, si è osservato un mantenimento o incremento di molecole antinfiammatorie note per il loro effetto neuroprotettivo (IL-10, TGF-ß e IL-4). Tra queste IL-10, che gioca un ruolo importante nella sopravvivenza dei neuroni e nella neurogenesi adulta, aumenta dopo l` allenamento e correla con le capacità di memoria sia a breve che a lungo termine, e rappresenta pertanto un potenziale marcatore per monitorare l` efficacia di programmi di stimolazione motoria e cognitiva in soggetti a rischio".

 
Nel complesso, il programma “Train the Brain” ha dimostrato di agire non solo sul piano psicologico e motivazionale, ma anche su processi biologici centrali nel mantenimento della salute cerebrale durante l` invecchiamento.

Il cervello non invecchia da solo

"Lo studio ribadisce un concetto fondamentale: il cervello è fortemente influenzato dallo stile di vita - conclude Genni Desiato, ricercatrice post-doc all` IRCCS Istituto Clinico Humanitas -. Movimento, stimolazione cognitiva e relazioni sociali esercitano un impatto forte e diretto sulla salute cerebrale e sull` infiammazione sistemica, e sono capaci di agire in maniera misurabile e in profondità , fino al livello di molecole".
Adottare uno stile di vita attivo, combinando regolarmente esercizio fisico e allenamento cognitivo, può rallentare o persino invertire i primi segnali di declino. E la buona notizia è che non è mai troppo tardi per iniziare: anche semplici abitudini quotidiane come camminare, stimolare la mente con letture o giochi e mantenere una vita sociale attiva possono fare una grande differenza. Questi accorgimenti non sono solo "buone pratiche", ma vere e proprie strategie preventive accessibili a tutti per un buon invecchiamento. 



Fri, 21 Nov 2025 02:47:00 GMT
Salute
Tumori: +10% di pazienti vivi dopo una diagnosi di cancro al pancreas
AGI - In Italia aumentano le persone vive dopo la diagnosi di tumore del pancreas, una delle neoplasie più difficili da trattare. Nel 2024 erano 23.600, rispetto a 21.200 nel 2021, con un incremento del 10% in 3 anni. Passi avanti importanti, che possono essere ricondotti soprattutto alla ricerca e ai progressi nelle cure. Ciononostante, non si registra ancora una diminuzione dei casi, pari a 13.585 (6.873 sono uomini e 6.712 donne) nel nostro Paese nel 2024. E solo in un paziente su 5 la malattia è identificata quando è ancora localizzata ed è possibile procedere con l'asportazione chirurgica, con maggiori possibilità di sopravvivenza.

La giornata mondiale del tumore al pancreas si celebra ogni anno il terzo giovedì di novembre e lo slogan lanciato dalla World Pancreatic Cancer Coalition per il 2025 è 'Hello Pancreas. La diagnosi precoce è importante', un saluto che vuole essere un invito ad ascoltare il proprio corpo per captare subito i sintomi allo stadio iniziale e contattare il proprio medico per un confronto immediato. È importante conoscere i fattori di rischio e i sintomi della malattia alla loro insorgenza, per ottenere una diagnosi tempestiva. Ad oggi, infatti, non esiste un test standard per la diagnosi precoce nella popolazione generale.

L'evento di Napoli: ricerca e sostegno ai pazienti

Il 20 novembre alle 14.30 a Napoli, nell'Aula R. Cerra dell'Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione G. Pascale, si farà il punto su ricerca e terapie dando la parola a medici, pazienti, caregiver e ai rappresentanti delle associazioni: Fondazione Nadia Valsecchi, Fondazione Gabriella Fabbroncini, Associazione Oltre la Ricerca ODV e I-PCC - Italian Pancreatic Cancer Coalition, con il prezioso patrocinio di AIOM e AIRC.

In questa occasione sarà inoltre inaugurata la Fondazione Nadia Valsecchi - Sezione Pazienti di Napoli, un nuovo punto di riferimento per il sostegno, l'informazione e la tutela delle persone colpite da tumore al pancreas e delle loro famiglie. L'associazione nasce con l'obiettivo di favorire il dialogo tra pazienti, medici e istituzioni, promuovere la consapevolezza sulla prevenzione e incoraggiare la ricerca scientifica nel campo dell'oncologia pancreatica.

I progressi della ricerca: diagnosi molecolare e nuovi farmaci

"Nonostante il tumore al pancreas abbia una prognosi peggiore rispetto a molti altri tumori, soprattutto per una diagnosi tardiva e per la biologia della malattia che la rende spesso resistente alle terapie, notizie incoraggianti - dichiara Alfredo Budillon, Direttore Scientifico dell'IRCCS Pascale - arrivano dalla ricerca. La possibilità di una diagnosi precoce, particolarmente nelle persone più a rischio, anche con l'ausilio di indagini molecolari su prelievi di sangue, i nuovi farmaci che hanno come bersaglio RAS, una delle principali alterazioni molecolari presente nel 90% dei casi di tumori del pancreas, o nuovi approcci di immunoterapia basati su vaccini terapeutici, sono alcuni esempi che fanno ben sperare per il futuro. Nel corso del convegno illustreremo anche alcuni esempi di studi che stiamo conducendo al Pascale".

Antonio Avallone, direttore della S.C. di Oncologia Medica Addominale - Dipartimento di Oncologia Addominale, continua: "Negli ultimi anni si è registrata una crescente vitalità nella ricerca sul tumore del pancreas, grazie soprattutto all'introduzione di nuovi farmaci quali gli inibitori di RAS. La conferma proviene in particolare dall'ultimo Congresso Europeo di Oncologia Medica (ESMO), tenutosi a Berlino lo scorso mese di ottobre, dove sono stati presentati studi clinici i cui risultati aprono nuovi orizzonti per il trattamento di questa patologia che è destinata a diventare nei prossimi trent'anni una delle neoplasie più frequenti".

Sopravvivenza e fattori di rischio da non sottovalutare

Francesco Perrone, Presidente di Fondazione AIOM, aggiunge: "Negli ultimi anni, in Italia, vi è stato un lieve miglioramento della sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi, pari all'11% negli uomini e al 12% nelle donne. Ma non basta. Il tumore del pancreas resta una delle grandi sfide per l'oncologia, nella quale abbiamo ancora molta strada da compiere sia in termini di ricerca che di prevenzione. Spesso sintomi come dolore allo stomaco e al dorso, maldigestione e dimagrimento vengono confusi con quelli di altre patologie. Il fumo di sigaretta è il principale fattore di rischio, senza dimenticare l'obesità , la sedentarietà , il consumo di alcol e, più in generale, la dieta scorretta. Svolgono un ruolo anche il diabete, la pancreatite cronica e alcune malattie ereditarie".



Thu, 20 Nov 2025 02:13:00 GMT
Salute
Arriva VoxeLite, il dispositivo aptico a risoluzione umana

AGI - In un lavoro pubblicato su Science Advances, ingegneri della Northwestern University hanno sviluppato VoxeLite, il primo dispositivo aptico in grado di raggiungere una "risoluzione umana", cioè una fedeltà tattile paragonabile alla sensibilità della punta delle dita.

Il sistema, leggero come un cerotto, si applica sul polpastrello e replica texture e sensazioni con la stessa chiarezza e rapidità percepite dalla pelle, aprendo la strada a interazioni digitali più realistiche su smartphone, tablet, sistemi di realtà virtuale e interfacce uomo-robot.

VoxeLite è costituito da un foglio sottilissimo di lattice elastico in cui è incorporata una matrice di minuscoli nodi morbidi, ciascuno controllato individualmente. Come "pixel del tatto", i nodi si inclinano e premono sulla pelle grazie a forze elettrostatiche generate dall'elettroadesione, la stessa che fa aderire un palloncino strofinato a una parete.

Come funziona VoxeLite: precisione e velocità

Variando intensità e frequenza dello stimolo elettrico, il dispositivo riproduce superfici ruvide, lisce o direzionali. La sfida principale era raggiungere una densità di nodi compatibile con la risoluzione sensoriale del polpastrello: nel prototipo più avanzato i nodi sono distanziati di circa un millimetro, valore necessario per distinguere dettagli fini senza fonderli in un'unica sensazione. I nodi possono operare fino a 800 volte al secondo, coprendo quasi l'intera gamma percettiva dei recettori cutanei.

Test e risultati: un tatto virtuale realistico

Nei test sperimentali, i partecipanti hanno riconosciuto con l'87% di accuratezza direzioni tattili virtuali come "su", "giù ", "destra" e "sinistra", e con oltre l'80% differenti texture materiali, tra cui pelle, velluto a coste e spugna. Applicazioni future: e-commerce, accessibilità e gaming In modalità passiva, VoxeLite è talmente sottile da non interferire con il tatto naturale, permettendo di alternare sensazioni digitali e reali senza rimuovere il dispositivo. Gli autori vedono applicazioni potenziali nell'e-commerce, dove gli utenti potrebbero "sentire" tessuti e materiali prima di acquistare, nella navigazione tattile per persone con disabilità visive e nei videogiochi immersivi. Il team sta ora studiando come il cervello integra segnali reali e virtuali per ottimizzare le future versioni del dispositivo.



Wed, 19 Nov 2025 14:05:52 GMT
Salute, Komposer
Bambini troppo digitali e troppo presto. Allarme dei pediatri

AGI - I bambini dormono meno, si muovono meno, parlano meno. E sono più ansiosi e soli. È il prezzo invisibile della vita digitale che entra troppo presto nelle case e nei giochi. Gli studi più recenti mostrano quanto questo "prezzo" sia concreto già dalla prima infanzia: 30 minuti in più al giorno di uso dei dispositivi digitali possono raddoppiare il rischio di ritardo del linguaggio nei bambini sotto i 2 anni; ogni ora aggiuntiva di schermi riduce il sonno di circa 15 minuti nei bambini tra 3 e 5 anni; oltre 50 minuti al giorno di schermi si associano a un maggior rischio di ipertensione pediatrica e, già tra i 3 e i 6 anni, a quello di sovrappeso.

La Società Italiana di Pediatria (SIP) torna a parlare di bambini e digitale con dati aggiornati e raccomandazioni più stringenti: ogni anno guadagnato senza digitale è un investimento sulla salute mentale, emotiva, cognitiva e relazionale dei bambini. I nuovi dati e le nuove raccomandazioni, elaborate dalla Commissione sulle Dipendenze Digitali SIP, vengono presentate oggi al Senato agli Stati Generali della Pediatria 2025 dedicati al tema "Il bambino digitale", riunendo istituzioni, pediatri, psicologi e rappresentanti dei media per riflettere su opportunità e rischi della crescita nell'era del digitale e dell'intelligenza artificiale.

La revisione sistematica della letteratura e l'impatto covid-19

Dopo le prime raccomandazioni del 2018 e del 2019, la SIP ha condotto una nuova revisione sistematica della letteratura internazionale, analizzando oltre 6.800 studi, di cui 78 inclusi nell'analisi finale. Il lavoro aggiorna le evidenze sugli effetti dell'uso di smartphone, tablet, videogiochi e social media sulla salute fisica, cognitiva, mentale e relazionale dei minori. "L'esperienza della pandemia da COVID-19 ha aumentato in modo significativo l'esposizione dei minori agli schermi – spiega il Presidente SIP Rino Agostiniani – con un tempo medio giornaliero cresciuto di 4-6 ore, raddoppiato rispetto ai livelli pre-pandemici. Questo cambiamento ha reso ancora più necessario un aggiornamento delle precedenti raccomandazioni.

Elaborate da pediatri, psicologi ed esperti, le nuove raccomandazioni SIP delineano un percorso educativo condiviso per famiglie, scuole e professionisti, per accompagnare bambini e adolescenti verso un uso equilibrato e rispettoso dei tempi di sviluppo. Le linee guida includono: evitare l'accesso non supervisionato a Internet prima dei 13 anni per i rischi legati all'esposizione a contenuti inappropriati; rinviare l'introduzione dello smartphone personale almeno fino ai 13 anni per prevenire conseguenze sullo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale; ritardare il più possibile l'uso dei social media, anche se consentiti per legge.

È fondamentale inoltre: evitare l'uso dei dispositivi durante i pasti e prima di andare a dormire; incentivare attività all'aperto, sport, lettura e gioco creativo; mantenere supervisione, dialogo e strumenti di controllo costanti in tutte le fasce d'età . Confermate le raccomandazioni già emanate nel 2018: niente dispositivi sotto i due anni, limitarli a meno di un'ora al giorno tra i 2 e i 5 anni e a meno di due ore dopo i 5 anni, sotto il controllo dell'adulto.

Vulnerabilità e conseguenze sulla salute

"L'età pediatrica è una fase di straordinaria vulnerabilità e crescita: il cervello continua a formarsi e a riorganizzarsi per tutta l'infanzia e l'adolescenza", precisa Agostiniani. Una stimolazione digitale precoce e prolungata può alterare attenzione, apprendimento e regolazione emotiva. Posticipare l'accesso autonomo a Internet e l'età del primo smartphone almeno fino ai 13 anni è un investimento in salute, equilibrio e relazioni. Dobbiamo restituire ai bambini tempo per annoiarsi, per muoversi, per giocare e per dormire. La presenza e l'esempio degli adulti restano la prima forma di prevenzione digitale.

"Nei bambini sotto i 13 anni l'eccesso di schermi è associato a ritardi del linguaggio, calo dell'attenzione e peggioramento del sonno. Negli adolescenti vediamo crescere ansia, isolamento, dipendenza dai social e perdita di autostima", spiega Elena Bozzola, coordinatrice della Commissione Dipendenze Digitali SIP. "Ogni ora passata davanti a uno schermo è un'ora sottratta al gioco, allo sport, alla creatività . Non serve demonizzare la tecnologia, ma insegnare a usarla con misura e consapevolezza. Più esperienze reali, meno digitale non supervisionato: è questa la vera sfida educativa di oggi".

I rischi specifici: da obesità a dipendenze

La revisione SIP conferma che l'eccesso di tempo davanti agli schermi influisce su più aspetti della salute: obesità e rischio cardiovascolare, sviluppo cognitivo, sonno, salute mentale, dipendenze digitali, vista, cyberbullismo e sessualità online. Sotto i 13 anni, anche un'esposizione superiore a un'ora al giorno può essere un fattore di rischio, mentre oltre due ore al giorno di schermo aumentano del 67% il rischio di sovrappeso o obesità negli adolescenti, anche per effetto della sedentarietà e del marketing alimentare digitale.

L'esposizione precoce ai dispositivi digitali può interferire con i processi di apprendimento e linguaggio. Gli studi di neuroimaging mostrano modifiche nelle aree cerebrali legate all'attenzione e alla comprensione. L'89% degli adolescenti dorme con il cellulare in camera, favorendo deprivazione cronica di sonno. Un uso intensivo è correlato ad ansia, sintomi depressivi e minore autostima. La prevalenza dell'Internet Gaming Disorder varia dall'1,7% al 10,7%; l'uso problematico dello smartphone riguarda fino al 20% dei giovani, con alterazioni cerebrali simili a quelle osservate nelle dipendenze da nicotina. Aumentano i casi di affaticamento visivo, secchezza oculare e miopia precoce. Le vittime di cyberbullismo presentano un rischio triplo di ideazione suicidaria. L'esposizione precoce alla pornografia online è in aumento e si associa a comportamenti sessuali a rischio.

Principi guida e responsabilità condivisa

Le raccomandazioni SIP si rifanno ai principi guida: posticipare l'esposizione digitale, proteggere corpo e mente, promuovere esperienze reali e preservare la centralità dell'adulto. La tecnologia è uno strumento straordinario, ma deve entrare nella vita dei ragazzi al momento giusto, quando hanno la maturità per gestirla. Accompagnarli in questo percorso è



Wed, 19 Nov 2025 07:58:18 GMT
Salute, Komposer
Con le ondate di calore aumentano le disabilità lavorative

AGI - Con l'aumento dell'intensità e della gravità delle ondate di calore legate al cambiamento climatico, i lavoratori - soprattutto i più fragili - rischiano di incorrere molto più spesso in una qualche forma di disabilità . E' quanto emerge da un nuovo studio condotto negli Stati Uniti e pubblicato su Generations.

Utilizzando dati rappresentativi a livello nazionale, i ricercatori hanno scoperto che i lavoratori che svolgono lavori all'aperto, come l'agricoltura o l'edilizia, o lavori al chiuso con scarsa climatizzazione, hanno maggiori probabilità di segnalare problemi di salute che limitano la loro capacità lavorativa.

Queste occupazioni sono svolte in modo sproporzionato da uomini, immigrati e individui con basso status socioeconomico, che hanno anche maggiori probabilità di avere comorbilità , come obesità o diabete.

"Il caldo estremo non è solo un problema ambientale, ma anche un problema di salute e di forza lavoro", ha affermato Mara Getz Sheftel , docente presso il Rutgers Center for State Health Policy presso l' Institute for Health, Health Care Policy and Aging Research e autrice principale dello studio. "I nostri risultati mostrano che le popolazioni emarginate hanno maggiori probabilità di essere esposte al caldo sul lavoro e di subire conseguenze a lungo termine sulla salute".

Sebbene alcuni stati e città abbiano implementato normative locali in materia di esposizione professionale, gli autori dello studio chiedono politiche federali e locali più rigorose per proteggere i lavoratori dal caldo estremo.