Wed, 19 Nov 2025 07:58:18 GMT
Salute, Komposer
Con le ondate di calore aumentano le disabilità lavorative

AGI - Con l'aumento dell'intensità e della gravità delle ondate di calore legate al cambiamento climatico, i lavoratori - soprattutto i più fragili - rischiano di incorrere molto più spesso in una qualche forma di disabilità . E' quanto emerge da un nuovo studio condotto negli Stati Uniti e pubblicato su Generations.

Utilizzando dati rappresentativi a livello nazionale, i ricercatori hanno scoperto che i lavoratori che svolgono lavori all'aperto, come l'agricoltura o l'edilizia, o lavori al chiuso con scarsa climatizzazione, hanno maggiori probabilità di segnalare problemi di salute che limitano la loro capacità lavorativa.

Queste occupazioni sono svolte in modo sproporzionato da uomini, immigrati e individui con basso status socioeconomico, che hanno anche maggiori probabilità di avere comorbilità , come obesità o diabete.

"Il caldo estremo non è solo un problema ambientale, ma anche un problema di salute e di forza lavoro", ha affermato Mara Getz Sheftel , docente presso il Rutgers Center for State Health Policy presso l' Institute for Health, Health Care Policy and Aging Research e autrice principale dello studio. "I nostri risultati mostrano che le popolazioni emarginate hanno maggiori probabilità di essere esposte al caldo sul lavoro e di subire conseguenze a lungo termine sulla salute".

Sebbene alcuni stati e città abbiano implementato normative locali in materia di esposizione professionale, gli autori dello studio chiedono politiche federali e locali più rigorose per proteggere i lavoratori dal caldo estremo. 



Wed, 19 Nov 2025 07:10:31 GMT
Salute, Komposer
Perché una dieta con il 25-30% di proteine fa bene alla salute

AGI - Una dieta in cui almeno il 25-30% delle calorie proviene da alimenti di origine animale come carne, pesce, uova e latticini, tende a favorire un buono stato di salute, evitando carenze di micronutrienti come ferro, zinco, vitamina B12, iodio e calcio.

È quanto emerso alla presentazione della nuova ricerca scientifica, coordinata dal professor Frederic Leroy, e che propone la "Nourishment Table", uno schema progettato per aiutare le persone a fare scelte alimentari informate.

Il concetto di nutrizione adeguata

Leroy, docente di Microbiologia e Biotecnologie dell'alimentazione presso la Facoltà di scienze e bioingegneria della Vrije Universiteit di Bruxelles, nella sua "Tavola nutrizionale" propone il concetto di "nutrizione adeguata", un approccio fondato su due parametri scientifici verificabili: la densità nutrizionale, cioè il rapporto tra nutrienti essenziali e contenuto energetico e il grado di trasformazione degli alimenti.

 

 

I risultati della ricerca e le diete onnivore

La ricerca, infatti, suggerisce che diete onnivore, ricche di cibi minimamente o moderatamente trasformati ad alta densità nutrizionale, rappresentano una via maestra per una "nutrizione adeguata". "Il nostro obiettivo - afferma Leroy - è fornire un quadro di riferimento che rispetti le scelte individuali, rendendo più facile per i consumatori scegliere alimenti nutrienti nella loro vita quotidiana".

 



Wed, 19 Nov 2025 02:48:00 GMT
Salute
Anche due sigarette al giorno possono aumentare il rischio di morte

AGI - Fumare poche sigarette al giorno, comprese tra due e cinque, aumenta significativamente il rischio di morte e di malattie cardiovascolari. Lo rivela uno studio, condotto su oltre 300mila persone, guidato da Michael Blaha, del Johns Hopkins Ciccarone Center per la prevenzione delle malattie cardiovascolari, pubblicato su PLOS Medicine. Il rischio di insufficienza cardiaca è superiore del 50% e il rischio di morte per qualsiasi causa del 60% rispetto a chi non ha mai fumato. Inoltre, il rischio diminuisce più rapidamente nel primo decennio dopo aver smesso, ma rimane elevato anche fino a trent'anni dopo l'ultima sigaretta.

I ricercatori concludono che smettere di fumare il prima possibile è il modo più efficace per ridurre il rischio, e il tempo trascorso dalla completa cessazione è più importante dell'esposizione prolungata a una minore quantità di sigarette. Questi risultati rafforzano le linee guida consolidate per la salute pubblica – secondo cui i fumatori dovrebbero smettere il prima possibile invece di limitarsi a ridurre – e sottolineano l'importanza dei programmi di prevenzione del fumo.

L'impatto sorprendente anche di basse dosi di fumo

"Questo è uno dei più ampi studi sul fumo di sigaretta fino ad oggi, che utilizza i dati di più alta qualità nella letteratura epidemiologica cardiovascolare", hanno sottolineato i ricercatori: "È sorprendente quanto sia dannoso il fumo: anche basse dosi di fumo comportano elevati rischi cardiovascolari".



Tue, 18 Nov 2025 09:50:56 GMT
Salute
Ecco come il tirzepatide (farmaco anti-obesità ) riduce il desiderio di cibo

AGI - Il tirzepatide, un farmaco progettato per il controllo del peso e la gestione del diabete noto anche con il nome commerciale Mounjaro, può sopprimere l'attività cerebrale e ridurre il desiderio di cibo per diversi mesi. Lo rivela uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Medicine, condotto dagli scienziati dell'Università della Pennsylvania.

Il team, guidato da Casey Halpern, ha valutato l'attività cerebrale, registrata direttamente con elettrodi, di tre partecipanti con obesità grave e difficoltà a controllare le proprie abitudini alimentari. Il lavoro, sottolineano gli esperti, rappresenta la prima indagine sull'uomo in merito all'impatto del tirzepatide sull'attività cerebrale, in particolare all'interno del nucleo accumbens, una regione associata al piacere, alla motivazione e alla ricompensa.

Il desiderio di mangiare, per piacere e necessità di energia, riportano gli scienziati, coinvolge una complessa interazione tra diverse aree del cervello. Gli agonisti del recettore GLP-1 come la tirzepatide, promuovono la perdita di peso, ma la loro influenza sulle reti cerebrali che controllano l'alimentazione disregolata rimane poco compresa.

Esaminare gli impatti di questi medicinali è fondamentale per lo sviluppo di nuovi potenziali trattamenti per i disturbi alimentari. Nell'ambito dell'indagine, i ricercatori hanno scoperto che gli episodi caratterizzati da un forte desiderio di cibo erano collegati a segnali cerebrali di bassa frequenza più intensi nel nucleo accumbens.

La stimolazione cerebrale profonda terapeutica di quest'area in due dei partecipanti ha ridotto questo segnale cerebrale e il pensiero del cibo, per cui è stato dimostrato che la zona rappresenta un biomarcatore del processo di desiderio del cibo. Al terzo partecipante è stato somministrato tirzepatide per la gestione del diabete dopo un intervento di chirurgia bariatrica.

Tuttavia, i segnali cerebrali e il pensiero fisso per il cibo sono tornati alcuni mesi dopo, mentre i pazienti stavano ancora ricevendo dosi di tirzepatina. I risultati preliminari, commentano gli autori, forniscono le prime misurazioni dirette dell'attività del nucleo accumbens in un singolo partecipante alla ricerca umana trattato con tirzepatide. Questi farmaci possono ridurre il desiderio di cibo influenzando i biomarcatori del segnale cerebrale associati al controllo dell'alimentazione. 



Sat, 15 Nov 2025 01:37:00 GMT
Salute
I Paesi più ricchi non sono i più sani

AGI - La ricchezza da sola non determina la salute di una nazione, poiché alcuni dei paesi più ricchi non sono i più sani. Lo rivela una ricerca collaborativa, guidata dall'Università del Surrey e pubblicata su Annals of Operations Research. Lo studio ha classificato 38 paesi dell'OCSE in base ai progressi compiuti verso l'Obiettivo di Sviluppo Sostenibile, SDG, delle Nazioni Unite, volto a garantire una vita sana e promuovere il benessere.

Lo studio ha valutato l'efficienza con cui ogni paese converte gli investimenti sanitari in risultati concreti, come l'aspettativa di vita, la prevenzione delle malattie e l'accesso all'assistenza. Paesi come Islanda, Giappone e Norvegia sono in testa alla classifica, supportati da sistemi sanitari pubblici solidi e da un equo accesso alle cure.

Alcune delle nazioni più ricche, tra cui Stati Uniti e Canada, sono in ritardo, ottenendo risultati peggiori per ogni sterlina spesa rispetto alle economie più piccole ma più strategiche. I ricercatori hanno utilizzato un modello avanzato basato sui dati, Joint Variable Selection Directional Distance Function, DDC, che ha incluso anche l'impatto dei rischi legati al clima.

Le nazioni che danno priorità alla prevenzione, all'accesso universale e all'equità sociale tendono a ottenere risultati migliori. I paesi con politiche di salute ambientale solide tendono a ottenere costantemente punteggi di salute complessivi più elevati. I risultati sottolineano che i decisori politici dovrebbero concentrarsi sulla prevenzione, la sostenibilità e l'accesso equo piuttosto che sul semplice aumento dei bilanci sanitari.



Fri, 14 Nov 2025 11:29:49 GMT
Salute
Primo morto per l''allergia alla carne' trasmessa da una zecca

AGI - I ricercatori della University of Virginia School of Medicine hanno identificato il primo decesso noto associato alla cosiddetta “allergia alla carne” indotta dal morso della zecca Lone Star. Il caso riguarda un uomo di 47 anni del New Jersey, morto improvvisamente alcune ore dopo aver consumato carne bovina. L` allergia, descritta da Thomas Platts-Mills, allergologo di fama mondiale che ne ha scoperto i meccanismi, è provocata dalla sensibilizzazione allo zucchero alpha-gal, presente nelle carni dei mammiferi. Lo studio, pubblicato sul Journal of Allergy and Clinical Immunology: In Practice, conferma per la prima volta che la reazione anafilattica può essere fatale.

Secondo la ricostruzione clinica, l` uomo aveva manifestato un primo episodio severo nell` estate 2024, durante una vacanza in campeggio con la famiglia, alcune ore dopo aver mangiato una bistecca. Dolori addominali intensi, diarrea e vomito erano regrediti entro la mattina successiva, senza che fosse riconosciuto il legame con la carne. Due settimane più tardi, dopo aver consumato un hamburger durante un barbecue, il paziente si è sentito male in pochi minuti ed è stato ritrovato privo di sensi dal figlio. L` autopsia aveva classificato il caso come “morte improvvisa inspiegata” , finché la moglie non ha chiesto un riesame dei risultati.

Il team di Platts-Mills ha ottenuto campioni di sangue post-mortem e ha identificato livelli molto elevati di IgE specifiche per alpha-gal, compatibili con un episodio di anafilassi grave. La presenza di numerosi “chigger bites” sulle caviglie, inizialmente attribuiti a larve di acari, è stata reinterpretata come esposizione a larve di Lone Star tick, particolarmente diffuse negli stati orientali degli USA. Gli specialisti ipotizzano che diversi fattori – consumo di alcol, esposizione al polline di ambrosia ed esercizio fisico nel pomeriggio – possano aver accentuato la risposta immunitaria del paziente. La famiglia riferiva inoltre che l` uomo consumava carne rossa molto raramente.

L` allergia all` alpha-gal è un disturbo in crescita negli Stati Uniti, legato all` espansione della popolazione di cervi che favorisce la diffusione della zecca. Le manifestazioni includono orticaria, nausea, vomito, dolore addominale severo e, nei casi più gravi, anafilassi ritardata che si manifesta da tre a cinque ore dopo l` ingestione di carne bovina, suina o ovina. Platts-Mills invita i medici a considerare questa diagnosi quando un paziente riferisce episodi acuti notturni senza causa apparente. Particolare attenzione va rivolta ai morsi di zecche che prudono per oltre una settimana, spesso indicativi di sensibilizzazione.

Il caso conferma il timore, finora solo teorico, che l` allergia possa essere fatale. Gli autori ricordano che un` adeguata anamnesi e la valutazione delle IgE specifiche consentono di individuare i soggetti sensibili, che possono gestire la condizione con una dieta mirata e l` uso appropriato di farmaci di emergenza.

I risultati sono stati pubblicati in open access da Platts-Mills insieme a Lisa J. Workman, Nathan E. Richards, Jeffrey M. Wilson ed Erin M. McFeely, con il consenso della famiglia del paziente. Il lavoro sottolinea l` importanza di una più ampia consapevolezza clinica, soprattutto in regioni in cui la zecca Lone Star è ormai endemica, e invita a un monitoraggio più esteso delle reazioni allergiche ritardate legate all` ingestione di carne.



Fri, 14 Nov 2025 01:00:00 GMT
Salute
Nel mondo quasi una persona su tre soffre di emicrania

AGI - I disturbi legati al mal di testa interessano circa 3 miliardi di persone nel mondo, quasi una persona su tre, e nel 2023 hanno contribuito in modo sostanziale alle perdite di salute globali, posizionandosi al sesto posto tra le principali cause di disabilità . Lo rivela uno studio, condotto da ricercatori dell'Institute for Health Metrics and Evaluation (Ihme), e della Norwegian University of Science and Technology (Ntnu), riportato su 'The Lancet Neurology'. La ricerca ha esaminato la perdita di salute, misurata in anni vissuti con disabilità o Yld, dovuta a emicraniacefalea di tipo tensivo e cefalea da abuso di farmaci.

Le differenze di genere sono significative, con le donne che riportano una perdita di salute correlata al mal di testa superiore a quella degli uomini, e trascorrono una porzione maggiore della vita con sintomi dolorosi. L'emicrania emerge come la principale causa di disabilità  tra le cefalee, pur essendo la cefalea tensiva la forma più comune. Inoltre, l'abuso di analgesici contribuisce in modo rilevante al carico globale di mal di testa, evidenziando opportunità per una gestione del dolore più sicura e migliore accesso alle cure. Il quadro globale non mostra cambiamenti significativi nell'incidenza da 30 anni, suggerendo che le cause di fondo restano stabili e che interventi efficaci richiedono strategie preventive e terapeutiche sostenute a livello internazionale.

L'urgenza di interventi e cure primarie

I risultati evidenziano che gran parte del carico globale di cefalea è  prevenibile, in particolare affrontando l'abuso di farmaci. I ricercatori sottolineano l'urgente necessità di integrare i servizi per la cefalea nell'assistenza primaria, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito e migliorare l'accesso a cure adeguate e alla formazione sull'uso sicuro dei farmaci per ridurre la perdita di produttività  e migliorare la qualità della vita.



Thu, 13 Nov 2025 13:54:52 GMT
Salute
Lo Spallanzani e i consultori del Lazio insieme per la prevenzione delle infezioni sessual...

AGI - A livello globale si registrano oltre un milione di nuove diagnosi di Infezioni Sessualmente Trasmissibili al giorno. Negli ultimi 10 anni, secondo i dati pubblicati dal Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle malattie (Ecdc), il numero di casi di sifilide, gonorrea e clamidia è aumentato rispettivamente del 100%, del 321% e del 13%, soprattutto tra i giovani. La fascia più colpita è quella tra i 20 e i 34 anni, ma registriamo casi anche tra i giovanissimi, dai 15 ai 19 anni. Inoltre, nel Lazio oltre il 10% delle nuove diagnosi di HIV nel 2023 ha riguardato ragazzi sotto i 25 anni". Partendo da queste premesse, illustrate dalla dottoressa Valentina Mazzotta, responsabile UOS Counseling Test e Prevenzione HIV e IST, l'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive "Lazzaro Spallanzani" IRCCS di Roma organizza e promuove la sessione autunnale della European Testing Week con i consultori della Regione Lazio.

Un'iniziativa che si ancora al ruolo di Centro di Riferimento Regionale Aids dello Spallanzani e alla "Settimana della Scienza" quando l'Istituto romano ospitò centinaia di studenti per affrontare il tema delle Infezioni Sessualmente Trasmissibili e incontrò la rete regionale dei consultori per pensare e organizzare un intervento strutturato. E il primo frutto della collaborazione tra queste realtà vedrà la luce nella settimana 17 - 24 novembre quando medici e infermieri dello Spallanzani si recheranno in dodici consultori del Lazio dove, al fianco degli operatori locali, offriranno a giovani e giovanissimi/e consulenza, informazioni utili e test rapidi, gratuiti e anonimi per Hiv, Hcv e sifilide. 

Il calendario degli appuntamenti

Lunedì 17 novembre dalle 14 alle 18, Asl Roma 1 - Consultorio Imre, viale Angelico 28 (Roma); martedì 18 novembre dalle 14.30 alle 17, Consultorio Asl Roma 3, Largo Quaroni 2-4 (Roma), Consultorio Asl Roma 4, Largo donatori del sangue 1 (Civitavecchia), Consultorio Asl Roma 6, via dei Castelli romani 2 (Pomezia); mercoledì 18 novembre dalle 14.30 alle 17, Consultorio Asl Roma 3, Lungomare Toscanelli 230 (Ostia), Consultorio Asl Roma 4, Largo dell'ospedale vecchio 8 (Bracciano), Consultorio Asl Roma 4, via Nino Bixio 27 (Ladispoli); giovedì 20 novembre, dalle 14.30 alle 17, Consultorio ASL Roma 2, via Spencer 282 (Roma), Consultorio Asl Roma 4, via Tiberina 71 (Fiano Romano), Consultorio ASL Roma 6, viale San Nilo 4 (Grottaferrata); lunedì 24 novembre dalle 14 alle 17.30, consultorio Asl Roma 2, via Canapiglie 88 (Roma), Consultorio Asl Roma 5, via IV novembre 2 (Fonte Nuova).

L'importanza della prevenzione e dei test

"Tutte le persone sessualmente attive - spiega ancora la dottoressa Mazzotta -, possono essere esposte al rischio di infezioni Sessualmente Trasmissibili (Ist). La chiave è  informarsi e conoscere gli strumenti per proteggersi e tutelare la propria salute. Si è abbassata l'età del debutto sessuale, spesso accompagnato dalla mancanza di un'adeguata educazione, affettiva e sessuale, sia a scuola che in famiglia. Molti non conoscono le infezioni a trasmissione sessuale e le loro conseguenze. Invece, è fondamentale che i ragazzi le conoscano bene, sappiano come si prevengono, come si manifestano, dove è possibile fare i test e come accedere ai Centri, ospedalieri o sul territorio, che svolgono attività di consulenza, prevenzione, screening. Fare i test vuol dire accorgersi il prima possibile di aver contratto un'infezione a trasmissione sessuale, anche quando non si hanno sintomi, curarla per migliorare il proprio stato di salute e interrompere la catena di trasmissione. Oltre a sottoporsi a test periodici, per ridurre il rischio è sempre raccomandato l'uso del preservativo e le vaccinazioni come quelle per papilloma virus, epatite di tipo A e B e Mpox e programmi di prevenzione personalizzati".



Thu, 13 Nov 2025 01:41:00 GMT
Salute
Il paracetamolo in gravidanza non provoca autismo

AGI - L'uso di paracetamolo, o acetaminofene, durante la gravidanza, non è direttamente legato allo sviluppo di autismo o ADHD nei bambini. Lo rivela uno studio guidato da Shakila Thangaratinam, dell'University di Liverpool, riportato su BMJ.

La ricerca è una revisione generale che ha valutato la qualità e la validità delle revisioni sistematiche esistenti sull'argomento. La fiducia complessiva nei risultati delle nove revisioni sistematiche identificate è stata classificata da bassa, due revisioni, a criticamente bassa, sette revisioni. Tutte le revisioni avevano segnalato una possibile o forte associazione tra l'assunzione materna di paracetamolo e lo sviluppo di autismo o ADHD nei bambini. Tuttavia, la maggior parte, sette su nove, raccomandava cautela a causa del potenziale rischio di lacune e dell'impatto di fattori confondenti non misurati.

Fattori confondenti e affidabilità degli studi

Il fattore cruciale che compromette l'affidabilità degli studi precedenti è la mancata considerazione di importanti fattori genetici e ambientali condivisi all'interno delle famiglie. Infatti, solo una revisione includeva due studi che avevano tenuto conto degli effetti dei fattori genetici e ambientali condivisi dai fratelli e della salute e dello stile di vita dei genitori. In entrambi questi studi di alta qualità , l'associazione osservata tra l'esposizione al paracetamolo e il rischio di autismo e ADHD è scomparsa o si è ridotta notevolmente dopo l'adattamento, suggerendo che questi fattori e, non l'uso del farmaco, spiegano gran parte del rischio.

Paracetamolo in gravidanza: le indicazioni

I ricercatori affermano chiaramente che alle donne dovrebbe essere consigliato di assumere paracetamolo quando necessario per trattare il dolore e la febbre durante la gravidanza, poiché rimane il trattamento di prima linea raccomandato dalle agenzie di regolamentazione globali.

Prospettive future

Secondo i ricercatori, è fondamentale che gli enti regolatori, i medici e le donne in gravidanza siano informati della scarsa qualità delle revisioni esistenti. In conclusione, lo studio dimostra che la base di prove attuale non è sufficiente per collegare in modo definitivo l'esposizione in gravidanza al paracetamolo ad autismo e ADHD nell'infanzia. Secondo gli scienziati, sono necessari ulteriori studi che tengano conto dei fattori confondenti familiari e non misurati per migliorare le prove sulla sicurezza del farmaco.



Wed, 12 Nov 2025 02:38:00 GMT
Salute
La neuroginecologia ridefinirà l'approccio alla salute della donna?

AGI - Una nuova e affascinante frontiera scientifica sta per ridefinire l` approccio alla salute della donna. Si tratta della neuroginecologia, una disciplina che fonde per la prima volta ginecologia e neuroscienze, e promette di aprire orizzonti rivoluzionari nella comprensione e nel trattamento di patologie femminili complesse: dal dolore cronico pelvico all` endometriosi severa fino alla neurorigenerazione.

Pioniere e ideatore di questa rivoluzione è Marcello Ceccaroni, direttore del Dipartimento per la tutela della salute e della qualità di vita della donna dell` IRCCS Ospedale Sacro Cuore – Don Calabria di Negrar di Valpolicella (Verona), il primo centro italiano e tra i primi al mondo nella diagnosi e cura dell` endometriosi, che colpisce 3 milioni di donne in Italia e 150 milioni su scala globale.

Già presidente della International School of Surgical Anatomy (ISSA) e massimo esperto mondiale di chirurgia laparoscopica, Ceccaroni è anche il fondatore e presidente della neonata International Society of Neuro-Gynecology & Nerve Sparing Surgery (ISNG). La nuova società , che riunisce il gotha degli specialisti dalle più prestigiose università al mondo, è stata presentata al 54° Congresso, a Vancouver, dell` American Association of Gynecologic Laparoscopists, la più importante società scientifica di chirurgia ginecologica mini-invasiva.

Insignito nel 2023 del premio internazionale “Gold Laparoscope Award” , per aver ideato la tecnica chirurgica laparoscopica “nerve-sparing” per l` eradicazione dell` endometriosi severa, celebre come “Negrar Method” , Ceccaroni, in occasione del congresso, riceverà l` onorificenza di “Original Innovator (OI)” per le sue idee un tempo rivoluzionarie e oggi divenute uno standard di trattamento.

“La neuroginecologia – afferma Ceccaroni -, rappresenta un ponte che unisce anatomia, neuroscienze e innovazione chirurgica. È una branca scientifica volta a interpretare e analizzare tutti i delicati fenomeni che sono alla base del dolore, specialmente il dolore cronico, passando per lo studio dei fenomeni biologici, genetici e immunologici collegati alla neuroinfiammazione e all` infertilità .

Tutti questi settori di studio saranno associati alla ricerca anatomica e neuroanatomica, volta allo sviluppo e alla evoluzione di nuove tecniche chirurgiche, finalizzate alla preservazione delle fibre nervose e delle funzioni pelviche dopo chirurgie molto invasive per tumori ginecologici e per malattie infiltrative come l` endometriosi pelvica severa (le cosiddette tecniche ‘nerve-sparing` ).

Un altro importantissimo campo di indagine e di ricerca dalla ISNG riguarderà lo studio e lo sviluppo di nuovi fattori e matrici di neurorigenerazione e nuove strutture biosintetiche per il supporto e la rigenerazione di fibre nervose danneggiate dalle patologie infiltrative o in seguito a interventi chirurgici radicali” . Il board della ISNG vanta scienziati di fama internazionale, tra cui Shailesh Puntambekar, direttore del Galaxy Care Hospital di Pune in India, che ha eseguito il primo trapianto di utero in laparoscopia, grazie a una tecnica chirurgica sviluppata assieme a Ceccaroni.

Nonostante sia una branca nuova, la neuroginecologia affonda le sue radici nell` antichità , ricollegandosi all` eredità di Leonardo Da Vinci, il primo scienziato a disegnare con precisione il sistema nervoso periferico. “La neuroginecologia si propone quindi come la ‘scienza che connette i nervi` , portando la medicina femminile dai precisi studi anatomici di Da Vinci fino alle frontiere della neuroscienza e della biotecnologia” , conclude Ceccaroni. 



Tue, 11 Nov 2025 13:42:14 GMT
Salute
Cancro alla prostata, la tiroide apre una nuova strada terapeutica

AGI - Un ormone prodotto dalla tiroide potrebbe essere la chiave per controllare la crescita del tumore alla prostata, una delle neoplasie più diffuse tra gli uomini. A rivelarlo è uno studio internazionale guidato dall` Università di Umeå, in Svezia, e dalla Medizinische Universität di Vienna, che ha individuato nel recettore dell` ormone tiroideo TRß un nuovo potenziale bersaglio terapeutico. Bloccando la sua attività con una sostanza sperimentale, i ricercatori sono riusciti a rallentare la proliferazione delle cellule tumorali e a ridurre le dimensioni delle masse nei modelli animali. Lo studio, pubblicato sulla rivista Molecular Cancer, apre la strada a un possibile approccio farmacologico per i casi più aggressivi e resistenti alle terapie ormonali tradizionali.

Il gruppo di ricerca, coordinato da Lukas Kenner, visiting professor all` Università di Umeå e docente di patologia alla Medizinische Universität di Vienna, ha osservato che l` attivazione del recettore TRß da parte dell` ormone triiodotironina (T3) stimola la divisione delle cellule tumorali prostatiche. Quando invece il recettore viene inibito con un composto sperimentale, denominato NH-3, la crescita cellulare diminuisce in modo significativo. “I risultati indicano che TRß agisce come un motore della proliferazione tumorale – ha spiegato Kenner – e che le molecole capaci di bloccarne l` attività potrebbero diventare la base per nuovi farmaci contro il carcinoma prostatico” . 

Nei test condotti su modelli murini, la somministrazione di NH-3 ha dimostrato di rallentare o fermare la crescita delle masse tumorali, soprattutto nei casi di tumore cosiddetto “castration resistant” , cioè refrattario alle terapie che riducono i livelli di testosterone. Queste forme, tra le più difficili da trattare, continuano a crescere anche dopo la soppressione ormonale. L` inibizione del recettore TRß ha interrotto la trasmissione del segnale dell` androgeno, la via di comunicazione molecolare normalmente attivata dal testosterone e fondamentale nello sviluppo del tumore prostatico.

“Spegnendo il recettore tiroideo – ha sottolineato Kenner – si riesce a neutralizzare indirettamente anche il segnale androgenico che alimenta il cancro” . Per verificare la validità del meccanismo anche nell` uomo, i ricercatori hanno analizzato campioni di tessuto provenienti da coorti di pazienti affetti da carcinoma prostatico. In queste biopsie, i livelli del recettore TRß risultavano significativamente più elevati rispetto a quelli dei tessuti sani. Le analisi genetiche hanno inoltre evidenziato mutazioni in numerosi pazienti che alterano le vie di segnalazione dell` ormone tiroideo. “L` evidenza clinica – ha spiegato Kenner – conferma il ruolo del recettore come fattore di progressione. Intervenirvi farmacologicamente potrebbe rappresentare una strategia mirata per i casi in cui le terapie ormonali convenzionali non funzionano più .” .

Il composto NH-3 utilizzato nello studio non è ancora adatto all` uso clinico: al momento è impiegato solo in ambito sperimentale per studiare il blocco del TRß. Tuttavia, i ricercatori ritengono che la scoperta possa favorire lo sviluppo di molecole simili ma più sicure e specifiche. L` obiettivo è creare farmaci capaci di inibire il recettore tumorale senza compromettere l` equilibrio ormonale della tiroide.

“Si tratta di un bilanciamento complesso – ha osservato Kenner – perché interferire con la funzione tiroidea può avere conseguenze sistemiche. Ma la nostra ricerca dimostra che la via del TRß è una pista concreta per nuovi approcci terapeutici” . Il carcinoma prostatico è la seconda forma di tumore più comune tra gli uomini nel mondo. Se diagnosticato precocemente, può essere trattato con successo grazie a interventi mirati a ridurre il testosterone. Tuttavia, molti pazienti sviluppano resistenze, rendendo le opzioni terapeutiche limitate. La scoperta di un collegamento tra ormoni tiroidei e proliferazione prostatica suggerisce un cambio di prospettiva: non solo agire sugli ormoni maschili, ma anche modulare quelli prodotti dalla tiroide per spegnere i meccanismi di crescita del tumore.  “Naturalmente sarà necessario un ulteriore lavoro per capire come integrare questo approccio con le terapie esistenti – ha concluso Kenner – ma i dati indicano che intervenire sull` asse tiroide-prostata potrebbe offrire una nuova arma contro le forme più aggressive e difficili da trattare” .



Tue, 11 Nov 2025 09:57:52 GMT
Salute, Komposer
C'è un legame tra la ‘malattia del bacio` e la sclerosi multipla nei bambini

AGI - Uno studio dei ricercatori dell` Ospedale Pediatrico romano evidenzia una correlazione specifica tra l` infezione da virus della mononucleosi e l` insorgenza della malattia infiammatoria cronica del sistema nervoso
 
Il virus che innesca la mononucleosi infettiva - la cosiddetta “malattia del bacio” - gioca un ruolo diretto nell` insorgenza della sclerosi multipla tra bambini e ragazzi. La conferma arriva da uno studio condotto da clinici e ricercatori dell` Unità di Neurologia dello sviluppo dell` Ospedale Pediatrico Bambino Gesù su un campione di 219 giovani pazienti. I risultati dell` indagine, appena pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Neurology, aprono nuove prospettive per la comprensione della malattia infiammatoria del sistema nervoso centrale e per future strategie di prevenzione, come la vaccinazione contro l` infezione da virus di Epstein-Barr (EBV).

La sclerosi multipla: colpisce il 10% dei bambini

La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria cronica del sistema nervoso centrale in cui il sistema immunitario attacca per errore la mielina, la guaina che riveste le fibre nervose. Sebbene la maggior parte dei casi si manifesti in età adulta, circa 1 paziente su 10 è un bambino o un adolescente. Le cause della malattia restano ancora in parte sconosciute, ma l` ipotesi che fattori genetici e ambientali – tra cui le infezioni virali – possano contribuire alla sua insorgenza è sempre più solida. Negli adulti l` associazione tra l` EBV - il virus responsabile della mononucleosi infettiva - e sclerosi multipla è infatti ben documentata. Fino ad oggi, tuttavia, tale relazione era meno evidente nei casi con esordio prima dei 18 anni.

La ricerca del Bambino Gesù

Lo studio condotto da clinici e ricercatori dell` Unità di Neurologia dello Sviluppo del Bambino Gesù con la collaborazione del Dipartimento di Neuroscienze della Sapienza Università di Roma, è durato 2 anni e ha coinvolto complessivamente 219 pazienti tra i 6 e i 17 anni (età media 12 anni), 57 dei quali affetti da sclerosi multipla.

Tramite tecniche di laboratorio basate sulla chemiluminescenza, sono stati analizzati campioni di sangue di tutti i partecipanti per individuare la presenza di anticorpi specifici contro l` EBV riscontrando che il 100% dei bambini con sclerosi multipla era positivo al virus, spesso contratto in modo asintomatico.
 
Per confermare la specificità di questo risultato, i ricercatori hanno confrontato i dati emersi dai pazienti con sclerosi multipla con due gruppi di controllo composti da bambini con malattie autoimmuni non neurologiche e da piccoli pazienti con cefalea primaria, considerati immunologicamente sani. In questi ultimi, solo il 59% mostrava segni di un` infezione pregressa da EBV. La differenza, statisticamente significativa, ha rafforzato l` ipotesi di una connessione diretta tra le due malattie.

Verso nuove strategie di prevenzione e cura

I dati emersi dallo studio del Bambino Gesù indicano dunque un nesso causale e specifico del virus di Epstein-Barr nello sviluppo della sclerosi multipla in età pediatrica, aprendo la strada a nuovi percorsi per la prevenzione e la cura.
 
"Mentre la relazione tra infezione da EBV e insorgenza della sclerosi multipla in età adulta è accettata dalla comunità scientifica, la sua importanza per i casi ad esordio prima dei 18 anni appariva piuttosto dubbia. I nostri risultati, invece, confermano che si tratta di un fattore di rischio fondamentale anche nel bambino e nell` adolescente" sottolinea il dott. Gabriele Monte, prima firma dello studio.
 
"Comprendere le cause della sclerosi multipla è fondamentale per poter sviluppare trattamenti mirati e strategie di prevenzione efficaci" aggiunge il prof. Massimiliano Valeriani, responsabile di Neurologia dello Sviluppo del Bambino Gesù e coordinatore della ricerca. "Il nostro studio supporta la possibilità che un vaccino contro il virus che scatena la mononucleosi possa avere un impatto significativo sulla riduzione dell` incidenza della sclerosi multipla nei più giovani".

Un centro di riferimento per la sclerosi multipla pediatrica

Il Centro per la Sclerosi Multipla dell` Ospedale Pediatrico Bambino Gesù è punto di riferimento nazionale per la diagnosi, la terapia e la ricerca su questa complessa patologia nei bambini e negli adolescenti. I giovani pazienti e le loro famiglie vengono seguiti lungo tutto il percorso di cura sino al follow up in età adulta. Sebbene l` esordio della malattia sia raro prima dei 10 anni (1%), nel 10% dei casi si manifesta tra i 10 e i 18 anni, con caratteristiche cliniche peculiari che richiedono protocolli specifici e studi mirati. Con circa 70 pazienti attualmente in cura, il Bambino Gesù gestisce la più ampia casistica pediatrica a livello nazionale



Tue, 11 Nov 2025 01:55:00 GMT
Salute
La paura che salva: il potere delle emozioni per prevenire le calamità naturali

AGI - L'uso delle emozioni, come la paura, ha un ruolo cruciale nella comunicazione del rischio di calamità naturali, rendendo le persone più preparate a gestire eventuali disastri naturali. Lo rivela uno studio, condotto da Caroline Rowe, dell'Università di Otago, in Nuova Zelanda, pubblicato sul Journal of Science Communication, JCOM.

La ricerca si concentra sul programma Alpine Fault magnitude 8, AF8, in Nuova Zelanda, una delle regioni sismicamente più attive al mondo. Nella zona c'è una probabilità del 75% che si verifichi un terremoto di magnitudo 8 o superiore sulla Faglia Alpina nei prossimi 50 anni. Lo studio indaga la modalità più efficace per comunicare un rischio così elevato e spaventoso.

Strategie di comunicazione emotiva

Lo studio si è articolato in due parti, con un'analisi documentale dei materiali AF8 e interviste ai professionisti della gestione delle emergenze, che hanno rivelato una strategia di comunicazione emotiva sfumata. I materiali di comunicazione AF8 non trasmettevano il rischio con un tono cupo, ma con entusiasmo e positività  riguardo la scienza e la straordinaria geologia dell'Isola del Sud.

Connettere rischio e territorio

La comunicazione di AF8 ha abilmente collegato la minaccia al paesaggio mozzafiato che è stato plasmato dalle stesse forze geologiche. Il messaggio era: "Sì , questo rischio esiste, ma fa anche parte del luogo in cui viviamo e ci ha portato bellezza e valore economico".

Autoefficacia e prevenzione

I materiali AF8 hanno gestito gli appelli emotivi con un tono coinvolgente ma rassicurante. L'uso di dati storici ha fornito un contesto di certezza, rendendo il rischio non un "se", ma un "quando" inevitabile. Il punto cruciale è stato l'inserimento di messaggi di autoefficacia, come "possiamo agire e prepararci". Questo ha impedito che la paura si trasformasse in paralisi, trasformandola in motivazione. Animazioni, mappe e immagini "da cartolina" delle Alpi Meridionali sono stati, inoltre, usati per rendere il rischio tangibile senza esagerare la paura.

Emozioni: non eliminare, ma gestire

Lo studio ribalta l'idea che le emozioni debbano essere rimosse o minimizzate nella comunicazione del rischio. "Le persone proveranno emozioni in ogni caso; chi si occupa di comunicazione del rischio deve accettarlo e gestirlo," ha affermato Rowe. "Eliminare le emozioni è impossibile", ha aggiunto Rowe.

Riconoscere e canalizzare le emozioni permette agli aspetti positivi, come l'autoefficacia, la fiducia in sé stessi e la motivazione ad agire, impedendo che la pura paura ostacoli la preparazione. Secondo lo studio, se il rischio è presentato con messaggi di empowerment e iniziativa, le persone sono più capaci di gestirlo, trasformando la paura intrinseca in un motore per l'azione preventiva.



Tue, 11 Nov 2025 01:29:00 GMT
Salute
Sono 300 mila gli anziani che hanno bisogno delle cure palliative

AGI - Sono oltre 300mila gli anziani che hanno bisogno di ricevere sollievo dalla sofferenza causata da malattie complesse, progressive e inguaribili. Nonostante la legge sancisca il diritto alle cure palliative, si riscontra una copertura insufficiente, anche se la necessità è destinata a crescere a causa dell'invecchiamento della popolazione e dell'aumento delle patologie croniche, con una percentuale di accesso che l'Organizzazione Mondiale della Sanità stima attorno al 15%.

Per riconoscere e misurare i bisogni di cure palliative nelle residenze per anziani e in ospedale, tradizionalmente non organizzati e sensibilizzati per fornire questo tipo di trattamenti, la Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) coordinerà , insieme alle principali società scientifiche, associazioni e fondazioni nell'ambito della geriatria, medicina interna, cure palliative e assistenza socio-sanitaria, la prima e più ampia indagine sullo stato delle cure palliative in ospedali e RSA. La survey, che si svolgerà in occasione della Giornata Nazionale delle Cure Palliative dell'11 novembre, permetterà di scattare una fotografia istantanea della situazione in 144 RSA e 207 reparti ospedalieri distribuiti in tutta Italia, coinvolgendo oltre 3000 pazienti.

I benefici delle cure palliative precoci

"Numerose evidenze scientifiche - spiega Dario Leosco, coordinatore dell'indagine e presidente SIGG - hanno dimostrato che l'introduzione precoce, già nelle fasi iniziali delle malattie gravi e inguaribili, delle cure palliative, integrata anche con risposte ai bisogni psicologici e sociali dei pazienti, è associata a miglioramenti significativi nella capacità dell'anziano di affrontare la malattia, con un impatto positivo anche sul suo benessere globale e su quello di familiari e caregiver".

Efficienza e sostenibilità del sistema sanitario

Graziano Onder, co-coordinatore dell'indagine e professore di Medicina e Cure Palliative, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, aggiunge: "Oltre ai benefici clinici e psicologici, l'adozione precoce delle cure palliative ha dimostrato di contribuire a una maggiore efficienza nell'impiego delle risorse sanitarie, riducendo i costi complessivi dei trattamenti e la durata dei ricoveri ospedalieri. In altre parole, le cure palliative precoci non solo migliorano la qualità della vita del paziente, ma contribuiscono anche a un sistema sanitario più sostenibile ed efficace".

Il divario tra legge e realtà

Nonostante l'introduzione della Legge 38/2010 sancisca il diritto alle cure palliative in Italia, persiste ancora un gap significativo tra i bisogni dei pazienti e le risposte fornite dal Sistema Sanitario.

Il ruolo di ospedali e RSA nella gestione delle cure

"In questo contesto - afferma Monica Torrini, Dirigente Medico di Geriatria all'Ospedale Careggi di Firenze e membro del Gruppo di Studio SIGG 'La cura nella fase terminale della vita' -, non solo gli hospice e le unità domiciliari, ma anche le strutture residenziali per anziani e gli ospedali, concorrono in modo complementare, alla gestione di anziani vulnerabili, che hanno bisogno di cure palliative specifiche, continue e personalizzate. È per questa ragione che la survey è volta anche a sensibilizzare gli operatori che operano in questi setting, facilitando la presa in carico dei bisogni dei pazienti ospiti di queste strutture".

Metodologia dell'indagine e identificazione precoce

L'indagine si svilupperà attraverso la somministrazione di un breve questionario compilato da sanitari, medici e infermieri, e prenderà in considerazione indicatori e misure utili a valutare i bisogni di cure palliative dei singoli pazienti, come dolore, ulcere da decubito, malnutrizione, capacità deambulatoria e delirium. "Sarà possibile identificare precocemente i pazienti con bisogni di cure palliative sulla base di indicatori di severità della malattia e su valutazione di perdita dell'autonomia, di peso, del declino cognitivo, di ricoveri non programmati e del declino globale dell'assistito", sottolineano Leosco e Onder.

La Giornata Nazionale delle Cure Palliative: un'occasione cruciale

"La Giornata Nazionale delle Cure Palliative rappresenta, dunque, un'importante occasione per il primo monitoraggio dei bisogni di cure palliative di pazienti all'interno di ospedali e RSA, e per la raccolta di dati concreti sullo stato dell'assistenza sanitaria in questo ambito", conclude Leosco.



Mon, 10 Nov 2025 10:40:07 GMT
Salute
Un anziano su tre prende oltre dieci farmaci al giorno

AGI - Il consumo e la spesa relativa ai farmaci aumenta con l'età . In Italia 1 anziano su 3 assume oltre 10 farmaci al dì . È quanto emerge dal Rapporto OsMed 2024 sull'uso dei medicinali in Italia, realizzato dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e pubblicato sul portale istituzionale. Nella popolazione anziana la spesa media per utilizzatore ammonta a 570,2 euro (621,6 nei maschi e 529,5 nelle femmine), in lieve aumento rispetto al 2023 (+1,2%).

Ben il 97,4% degli anziani ha ricevuto nel corso dell'anno almeno una prescrizione farmacologica. In media si arriva a oltre 3,4 dosi al giorno, gli uomini ne prendono più delle donne. Per entrambi i sessi, all'aumentare dell'età si assiste a un progressivo incremento del numero di principi attivi assunti. Il 68,1% degli over 65 ha ricevuto prescrizioni di almeno 5 diverse sostanze (politerapia) nel corso del 2024 e circa uno su tre (28,3%) ha assunto almeno 10 principi attivi diversi.

Inoltre, dal Rapporto emerge che il 33,1% della popolazione anziana (3 pazienti su 10) assume almeno 5 differenti farmaci per almeno 6 mesi nel corso di un anno (politerapia cronica), con un andamento crescente all'aumentare dell'età : fra gli 85 e gli 89 anni si raggiunge il picco del 43,7%, quasi uno su due. "Più farmaci, più dosi, più occasioni di errore e di abbandono: seguire bene la cura, per il tempo necessario, diventa difficile", si legge nel report. "La scarsa aderenza del paziente alle prescrizioni del medico è la principale causa di non efficacia delle terapie farmacologiche. Nel caso di terapie croniche, inadeguati livelli di aderenza e persistenza al trattamento sono associati a un aumento degli interventi di assistenza sanitaria, morbilità e mortalità , rappresentando un danno sia per il paziente che per il Servizio Sanitario Nazionale. La popolazione anziana è quella più a rischio."

Aderenza ai farmaci, le differenze per categoria

Ma l'aderenza alla cura varia anche a seconda della categoria terapeutica: maggiori criticità si osservano con i farmaci per i disturbi ostruttivi delle vie respiratorie (52,2% pazienti con bassa aderenza), gli antidepressivi (28,1%, con la conseguenza di una cronicizzazione della malattia) e i farmaci antidiabetici (22,6%, in calo del 5% rispetto all'anno precedente). Minori criticità si osservano con i farmaci per il trattamento dell'osteoporosi (68,7% pazienti con alta aderenza) seguiti dalla terapia per l'ipertrofia prostatica benigna (64,9%), dagli antiaggreganti (61,8%), anticoagulanti (53,2%) e antipertensivi (52,6%). Per i farmaci lipolipemizzanti l'alta aderenza è pari al 45,6% dei pazienti in trattamento: il dato è in aumento dal 2019 (+4% rispetto al 2023), ma ci sono ancora margini di miglioramento anche per questi medicinali.

Persistenza della terapia e fattori influenzanti

Per quasi tutte le categorie terapeutiche analizzate poco più della metà dei pazienti era ancora in trattamento dopo 12 mesi, con valori massimi per gli anticoagulanti (66,6%), mentre per i farmaci per asma e BPCO si registra il 50% di probabilità di interrompere la terapia dopo appena 36 giorni. Tendenzialmente le donne sono meno aderenti e persistenti degli uomini per tutte le categorie terapeutiche analizzate e le Regioni del Sud registrano livelli di aderenza e persistenza al trattamento più bassi rispetto al resto d'Italia.



Mon, 10 Nov 2025 10:34:15 GMT
Salute, Komposer
Un semplice esame del sangue potrebbe anticipare la diagnosi in quattordici tipi cancro

AGI - Un semplice esame del sangue, basato sulla biopsia liquida, un test di routine per la diagnosi dei tumori, potrebbe anticipare la diagnosi in quattordici tipi cancro, consentendo ai pazienti di ricevere trattamenti in stadi tumorali più precoci, dove vi sono maggiori probabilità che questi rispondano positivamente. Lo rivela uno studio guidato da Jagpreet Chhatwal, del Massachusetts General Hospital e della Harvard Medical School, pubblicato su CANCER. 

La ricerca ha utilizzato un modello di simulazione per valutare l'effetto dell'integrazione di un test annuale di diagnosi precoce multi-cancro basato su un singolo prelievo di sangue nelle cure standard negli Stati Uniti.
I risultati del modello sono significativi: l'aggiunta di un test di diagnosi precoce multi-cancro porterebbe a un forte spostamento delle diagnosi verso gli stadi più precoci, che hanno maggiori probabilità di risposta ai trattamenti.

Il risultato più rilevante è la diminuzione del 45% delle diagnosi di Stadio IV, metastatico, dove i tassi di sopravvivenza sono più bassi. I dati hanno mostrato un aumento sostanziale delle diagnosi negli stadi iniziali, quali I, II e III. Attualmente, lo screening di routine è raccomandato solo per circa quattro tipi di cancro. Lo studio offre un approccio rivoluzionario consentendo lo screening simultaneo di più tipi di cancro, individuandone quattordici, che rappresentano quasi l'80% dell'incidenza e della mortalità per cancro.

Le maggiori riduzioni assolute delle diagnosi di Stadio IV si verificherebbero nei tumori del polmone, del colon-retto e del pancreas. In sintesi, i ricercatori concludono che i test ematici multi-cancro "potrebbero rappresentare una svolta per il controllo del cancro", migliorando potenzialmente la sopravvivenza grazie all'identificazione dei tumori prima che si diffondano.



Sat, 08 Nov 2025 02:04:00 GMT
Salute
Come evitare i due anni di attesa per l'intervento di cataratta

AGI - L'innalzamento dell'aspettativa di vita e la buona salute della popolazione anziana hanno portato a un significativo aumento della richiesta di interventi di cataratta, una patologia legata prevalentemente all'età  avanzata che determina un importante impedimento visivo. Gli ottimi risultati ottenibili, la veloce riabilitazione e la possibilità di correggere anche difetti visivi pregressi hanno generato una domanda crescente, con tempi di attesa che in alcune aree del Paese possono superare i due anni. A questo si aggiungono i tagli alla sanità  e la carenza di persona.

Per questo gli specialisti hanno lanciato un'interessante proposta in occasione del congresso della Società Italiana di Scienze Oftalmologhe (SISO) e dell'Associazione Italiana Medici Oculisti (AIMO), in corso a Roma, e cioè  decentrare l'intervento di cataratta al di fuori degli ospedali tradizionali o in strutture esclusivamente dedicate a questo tipo di chirurgia.

La pressione sul sistema sanitario

"Il sistema sanitario è sottoposto a una forte pressione che rende la gestione della cataratta in ospedale sempre più  complessa" spiega Alessandro Mularoni, vicepresidente SISO e direttore dell'Unità di Oculistica dell'Ospedale di Stato della Repubblica di San Marino.

DRG e costi operativi

A questo si aggiunge la riduzione generalizzata dei DRG, ovvero del rimborso pagato alle strutture per l'intervento di cataratta. Una riduzione che contrasta con gli elevati standard tecnologici richiesti, i quali comportano costi operativi molto alti per le strutture" aggiunge.

Cataratta: la soluzione del day surgery

A fronte di queste problematiche, la riflessione degli specialisti si concentra sulle possibili soluzioni per garantire a tutti un intervento di alta qualità  e in tempi adeguati. Una possibilità è rappresentata dal decentramento dell'intervento di cataratta, una procedura a bassa complessità  rispetto ad altri, che si presta particolarmente bene a un percorso interamente svolto in giornata. "Già oggi l'intervento viene eseguito in regime di day surgery in ospedalicliniche private e centri convenzionati" spiega Giovanni Alessio, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Bari, Università di Bari.

Tecnologia e benefici del day surgery

"Il paziente viene operato e dimesso nel giro di poche ore. L'esecuzione in un percorso giornaliero - prosegue - non implica un abbassamento degli standard: al contrario, la tecnologia moderna è ciò che lo rende possibile. Le tecniche attuali utilizzano incisioni inferiori ai due millimetri e cristallini artificiali pieghevoli che permettono una riabilitazione rapida. Sono disponibili anche lenti che correggono simultaneamente la visione da vicino, da lontano e l'astigmatismo. Le moderne apparecchiature per aspirare la cataratta garantiscono velocità e sicurezza tali da consentire la dimissione del paziente nel giro di una o due ore". Convogliare gli interventi in strutture dedicate esclusivamente all'oculistica potrebbe offrire diversi benefici.

Vantaggi delle strutture specializzate

"Le strutture specializzate - sottolinea Mularoni - possono ottenere una migliore efficienza e costi operativi più bassi, poiché l'intera organizzazione è ottimizzata per il paziente oculistico. Per il paziente, accedere a un centro dove è già stato visitato e preparato, piuttosto che a una struttura più dispersiva come un ospedale, significa maggiore tranquillità  e conoscenza del percorso".

Standard di sicurezza garantiti

Il punto centrale, sottolineano dalla SISO, resta il mantenimento degli standard di sicurezza. "È fondamentale che vengano rispettate rigorosamente le linee guida delle società scientifiche nazionali e internazionali, assicurando che efficienzaqualità psicologica e assistenziale vadano di pari passo con la massima sicurezza per il paziente" conclude Mularoni.



Fri, 07 Nov 2025 02:04:00 GMT
Salute
Autismo, in 30 anni casi raddoppiati nella fascia d` età 15-39 anni

AGI - Per decenni gli sforzi di medici e scienziati contro l'autismo si sono concentrati quasi esclusivamente sui bambini. Molta poca attenzione, invece, viene rivolta ai bambini autistici che diventano giovani adulti, o agli adulti che scoprono tardi la propria condizione, ma un'analisi globale sui dati del Global Burden of Disease (Gbd), appena pubblicata sulla rivista 'Frontiers in Public Health', ha squarciato il velo su una realtà  a lungo ignorata: la 'crisi silenziosa' dell'autismo nell'età adulta. I numeri sono impressionanti: tra il 1990 e il 2021, il numero globale di persone con un disturbo dello spettro autistico (DSA) nella fascia d'età  15-39 anni è  balzato da 17,52 milioni a 24,13 milioni.

Un aumento che, sebbene legato in parte alla crescita demografica e a una migliore capacità diagnostica, impone una riflessione sull'inadeguatezza dei supporti destinati a questa fascia della popolazione. Questo è  uno dei temi cruciali affrontati dagli esperti in occasione del 50esimo congresso nazionale della Società Italiana di Psichiatria (SIP), in corso a Bari fino a sabato.

"L'autismo non riguarda solo l'infanzia, ma è  una condizione che accompagna l'individuo per tutta la vita", spiega Liliana Dell'Osso, presidente SIP e professore ordinario di Psichiatria all'Università  di Pisa. "I bambini autistici - aggiunge Emi Bondi, presidente uscente SIP e direttore del DSM dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo - diventano adulti e spesso lo stesso autismo resta invisibile fino all'età adulta. In molti casi, queste forme nascoste emergono solo di fronte a situazioni stressanti o cambiamenti importanti, soprattutto nelle donne, che imparano precocemente a mascherare le proprie difficoltà comunicative e relazionali, attraverso strategie di 'camouflaging'. Tutto questo ostacola il processo diagnostico e, di conseguenza, la presa in carico dell'adulto con l'autismo".

I dati del nuovo studio evidenziano una situazione critica, soprattutto nel gruppo di età  tra i 30 e i 39 anni, dove è  stato registrato l'incremento più netto della disabilità  (+56%). "Questo fenomeno - spiega Antonio Vita, vicepresidente SIP e professore ordinario di Psichiatria all'Università  di Brescia - supporta l'ipotesi di un 'secondo picco' di difficoltà  per le persone con autismo, che si verifica in età adulta quando si esauriscono i supporti scolastici e si fa più pressante la sfida nell'ingresso nel mondo del lavoro, nell'ottenere l'indipendenza e nel navigare le complesse relazioni sociali adulte".

In Italia, si stima che le persone nello spettro autistico siano circa l'1% della popolazione, un totale di circa 500mila individui, ma non abbiamo dati specifici su quanti siano gli adulti. "Le stime ufficiali indicano che in Italia ci siano 1.214 centri per la diagnosi e la presa in carico (dato aggiornato a marzo 2024), ma solo 648 di essi offrono prestazioni anche per l'età adulta - sottolinea Vita - un numero insufficiente se paragonato all'enorme e crescente bisogno di supporto per la vita indipendente, l'inserimento lavorativo e la salute mentale di questi giovani. La sostanziale diminuzione dei servizi erogati al compimento della maggiore età  è  un ostacolo enorme che compromette l'intera vita adulta di queste persone e delle loro famiglie".

La sfida: un approccio per l'intero ciclo di vita

La sfida è  dunque quella di spostare il focus sull'intero ciclo di vita. "È fondamentale e urgente abbandonare la visione dell'autismo come condizione limitata all'infanzia e adottare un approccio che abbracci il problema per l'intero ciclo di vita", dichiara Giulio Corrivetti, vicepresidente SIP e direttore dell'Unità  Operativa di Salute Mentale Ds 68, DSM della ASL Salerno. "La crisi dell'autismo adulto è  ora fuori dall'ombra e servono politiche che la affrontino in modo sistematico", aggiunge. I passi da compiere, secondo gli esperti, riguardano l'espansione dello screening nell'adulto e il potenziamento dell'assistenza e del supporto nella fascia d'età  30-39 anni. "Per riuscirci è  necessario investire nella formazione di specialisti affinché  siano in grado di riconoscere e diagnosticare il DSA anche in età adulta - dichiara Corrivetti - è  altresì  prioritario offrire assistenza pratica per l'occupazione e l'integrazione, fondamentale per evitare l'isolamento e il crollo funzionale nel decennio 30-39".



Thu, 06 Nov 2025 02:13:00 GMT
Salute, Komposer
Perchè la luce artificiale fa male al nostro fegato

AGI - L'inquinamento luminoso può rappresentare un grave pericolo per il nostro fegato anche se i meccanismi che portano a queste conseguenze non sono ancora chiari. Da qui lo studio del professor Mustafa Ozcurumez che con il suo team presso la Knappschaft Kliniken Universitätsklinikum Bochum ha avviato un progetto per determinare cosa accada esattamente nel fegato quando ci si espone troppo alla luce artificiale.

"La luce artificiale ci fa ammalare", afferma il professor Mustafa Ozcurumez. "Ci permette di trasformare la notte in giorno. Restiamo svegli e mangiamo tardi, dormiamo a orari irregolari e restiamo principalmente in casa. Tutto questo manda in tilt il nostro intero metabolismo. Nel peggiore dei casi, se ignoriamo il nostro orologio interno per anni o decenni, questo può portare a una disfunzione metabolica associata alla steatosi epatica (in precedenza nota come steatosi epatica non alcolica)."

Il ruolo cruciale della melatonina

La melatonina svolge un ruolo chiave nel nostro sistema giorno-notte. L'ormone viene rilasciato quando fa buio, rendendoci stanchi e garantendo un sonno rilassante. Un problema: la luce blu artificiale, come quella emessa da cellulari, computer, televisori e lampioni, rende difficile raggiungere la vera oscurità di notte. "Anche a dieci lux, che è la luce emessa di notte durante la luna piena, è più difficile per il corpo produrre melatonina", avverte Ozcurumez.

Analisi dei bioritmi e raccolta dati

Il team del ricercatore sta studiando molti altri fattori che influenzano il nostro orologio interno, come il ruolo della predisposizione genetica. Cosa accada esattamente nel corpo a seconda di come strutturiamo la nostra giornata è oggetto di uno studio in corso per il quale si stanno cercando partecipanti. In questo studio, il team sta studiando i bioritmi di soggetti con e senza steatosi epatica.

La pressione sanguigna e la temperatura corporea vengono registrate costantemente per un periodo di 24 ore e vengono prelevati campioni di sangue e saliva in momenti diversi per misurare, tra le altre cose, i livelli di melatonina e altri valori di laboratorio. Inoltre, i partecipanti compilano questionari sulle loro attività , sulle loro abitudini di sonno e sul tempo trascorso al chiuso e all'aperto. Successivamente, indossano sensori di luce per due settimane che registrano con precisione la quantità di luce, sia naturale che artificiale, che raggiunge gli occhi in ogni momento della giornata.

Metodologia sperimentale avanzata

Per poter analizzare i processi che avvengono nel fegato in modo ancora più preciso, il team ha sviluppato un apparato sperimentale in cui è possibile mantenere artificialmente fegati di maiale fuori dal corpo in una soluzione nutritiva, consentendo di studiare i processi metabolici in condizioni controllate.



Wed, 05 Nov 2025 10:15:32 GMT
Salute
La democrazia fa bene alla salute: chi non vota muore prima

AGI - Partecipare alle elezioni può letteralmente allungare la vita. È quanto emerge da uno studio dell'Università di Helsinki, pubblicato sul Journal of Epidemiology & Community Health (BMJ Group), che ha analizzato la relazione tra comportamento elettorale e rischio di morte in oltre tre milioni di cittadini finlandesi seguiti per 21 anni.

I risultati mostrano che chi non vota muore prima: l'astensione è associata a un rischio di mortalità più elevato del 73% tra gli uomini e del 63% tra le donne, anche dopo aver tenuto conto dell'età , del livello d'istruzione e di altri fattori socioeconomici. La ricerca, coordinata da Hannu Lahtinen dell'Helsinki Institute for Demography and Population Health, ha preso in esame l'intero corpo elettorale della Finlandia continentale che aveva almeno 30 anni al momento delle elezioni parlamentari del 1999. Nel periodo compreso tra il 1999 e il 2020 sono stati registrati 1,05 milioni di decessi, e i ricercatori hanno potuto confrontare le differenze di sopravvivenza tra chi aveva votato e chi no. Anche dopo aver corretto i dati per il livello di istruzione, il rischio di morte rimaneva più alto del 64% per gli uomini e del 59% per le donne che non avevano partecipato al voto, confermando che la partecipazione elettorale è un determinante di salute più forte dell'istruzione. La disparità nella mortalità tra votanti e non votanti è risultata più ampia di quella tra persone con un titolo di studio di base e laureati, e si è rivelata particolarmente marcata per le cause di morte esterne, come incidenti, suicidi e patologie legate all'alcol. L'effetto è stato più pronunciato tra gli uomini sotto i 50 anni e le donne oltre i 75, e tra i gruppi a reddito più basso, dove la propensione all'astensione è più elevata.

Il voto come indicatore di benessere

Secondo gli autori, la partecipazione politica può essere considerata una forma di capitale sociale, espressione di un maggiore radicamento nella comunità e di una più ampia fiducia nelle istituzioni. Al contrario, l'abbandono dell'abitudine al voto può rappresentare un campanello d'allarme precoce di isolamento sociale o peggioramento della salute fisica e mentale. Lo studio suggerisce che la partecipazione elettorale possa essere utilizzata come nuovo indicatore di benessere collettivo. "Votare - osservano i ricercatori - non è solo un atto civico, ma una variabile che riflette lo stato di salute complessivo della popolazione".

I comportamenti salutari

La connessione tra impegno democratico e salute individuale sarebbe mediata da fattori come l'accesso alle reti di sostegno, la fiducia nelle istituzioni e la consapevolezza dei propri diritti. Gli autori ipotizzano che le persone più coinvolte nella vita pubblica adottino comportamenti più salutari e dispongano di migliori risorse materiali e relazionali. La ricerca si inserisce in una linea di studi che esplora il rapporto tra democrazia e salute pubblica, suggerendo che l'inclusione politica e la partecipazione civica contribuiscono a creare società più sane e resilienti.

Il gruppo di Helsinki propone di integrare il comportamento elettorale nei sistemi di sorveglianza epidemiologica per individuare precocemente le aree e le fasce di popolazione più vulnerabili. "La partecipazione politica - concludono gli autori - è parte integrante del benessere collettivo. Difendere la democrazia significa anche difendere la salute".